Sono partito per Bose, comunità dei monaci fondata da Enzo
Bianchi, alle 06.00 del mattino del 14 luglio 2014 da Parma e sono arrivato lì
a mezzogiorno, quindi ho potuto partecipare alla preghiera di hora media con i monaci ed alcuni degli
ospiti.
Ero contentissimo di aver raggiunto questo posto perché
dall’anno scorso avevo già desiderato di andarci, di sperimentare direttamente
ciò che diceva la gente sulla bellezza e tranquillità del posto e sui frutti spirituali
che avevano raccolto/ricevuto dall’incontro con i monaci. Andandoci portavo con
me la curiosità di trovare qualche cosa buona o interessante, oltre che
confermare ciò che la gente sperimentava raccontandone in modo entusiasta.
Fin dalla prima accoglienza che ho avuto da fr. Marco, il
portinaio in quel giorno, sono rimasto stupito proprio dal fatto che mi
conosceva già: il mio nome e da dove venivo io. Era ovvio che mi conosceva e
ricordava dall’elenco dei visitatori che aveva fatto da quando mi sono iscritto,
ma per me è stato un atteggiamento che mostrava qualcosa di più, che poteva
essere visto come un’accoglienza serena e sincera.
Questa mia prima impressione veniva confermata nei giorni
seguenti, nei momenti d’incontro, dei pasti, di preghiera e di chiacchierate. Precisamente
posso dire che mi sono trovato bene e mi sono sentito accolto. Nel senso che
non solo mi hanno accolto/rispettato come io sono, ma mi hanno rivelato chi
sono loro, che cosa hanno e fanno e come vivono la loro chiamata ad essere
cristiani. C’era proprio la disponibilità a condividere: la riflessione
profonda per quanto riguarda durante l’incontro biblico, il frutto del loro
lavoro che si vedeva sulla tavola e anche la loro spiritualità.
Il tema del nostro incontro biblico era “Le Parabole Di Gesù
nel Vangelo di Matteo” sotto la guida di Ludwig Monti, biblista e monaco di
Bose. Lui spiegava tutte le parabole che ci sono nel vangelo di Matteo e
riusciva a svilupparle in maniera semplice e comprensibile dagli uditori perché
alla fine di ogni incontro sentivo spesso la gente che esprimeva la sua
soddisfazione sia sul metodo che sui contenuti.
Ero soddisfatto anch’io di partecipare perché questo mi ha fatto
ricordare alcuni spunti o interpretazioni che avevo già ascoltato: quindi è
stato un momento di approfondimento. Oltre a questo c’erano tanti spunti nuovi
che hanno arricchito la mia conoscenza sia della cultura e tradizione che
c’erano dietro a queste parabole quando sono state scritte, sia delle nuove
interpretazioni.
Prendo in considerazione della parabola dei talenti dei 3
servi (Matteo 25,14-30), soprattutto l’atteggiamento del terzo servo a chi è
stato dato un talento. Anziché svilupparlo lo nasconde perché pensa che il
padrone dal quale ha ricevuto il talento sia duro e che raccolga senza
piantare; secondo lui il padrone non è onesto. Il terzo servo valuta ‘padrone
(Dio)’ secondo di quello che pensa lui di ‘Dio sia così’. Il terzo servo pensa
chi Dio sia partendo proprio dal suo pensiero umano. In questo rapporto lui non
conosce Dio, ma conosce Dio secondo la sua interpretazione.
Oltre alla sua novità nell’interpretare questo brano, anche
io mi trovo spesso a pensare così. A volte io penso Dio come voglio io, proiettando
i miei bisogni o pensieri su di Lui. E proprio questo è l’ostacolo più
pericoloso della mia vita spirituale. Questo
terzo servo ha una grande paura del suo padrone. La sua paura sostituisce la
fiducia in Dio, la paura gli impedisce di accogliere il dono di Dio. Con questa
paura non sa decidere, quindi non sa sviluppare il dono di Dio. Questo
atteggiamento del terzo servo si riferisce al mio atteggiamento mediocre, ‘non
voglio impegnarmi di più, non voglio lavorare molto’.
Quindi mi è piaciuto molto seguire il corso biblico perché
mi ha convinto a vedere il mio essere cristiano e umano dal punto di vista di
Dio, di Gesù Cristo. Attraverso le parabole Gesù mi mostra come ci si dovrebbe
relazionare con Dio, il prossimo e se stessi anche quali siano i comportamenti
falsi in questi rapporti. Se Gesù sceglie la realtà quotidiana per mostrare la
sua missione, la sua opera salvifica e soprattutto per far conoscere l’amore di
Dio, anch’io posso conoscere Dio nella realtà normale della mia vita. Il mio
compito è essere aperto e sensibile a conoscerLo. La prima cosa che dovrei fare
è convertirmi proprio dalle idee false.
Oltre a partecipare al corso biblico che è stato il motivo
centrale per la quale sono andato a Bose, ho goduto anche un coinvolgimento
totale nel pregare. I monaci pregano insieme con gli ospiti in 3 momenti: alle
06.00 del mattino, alle 12.30 e alle 18.30. Pregano come noi preghiamo di
solito cantando i salmi e i cantici, proclamando la lettura breve. A
mezzogiorno dopo la lettura breve un monaco legge un lettura spirituale dei
padri della chiesa sia antichi che contemporanei.
Dal loro modo di pregare ho notato qualcosa di speciale
rispetto al mio modo di fare la stessa cosa. Loro pregano con tutto se stessi;
il gesto del corpo segue la loro disposizione interiore. Quando ero lì, in
mezzo ai monaci, mi dicevo così, sarebbe bello che io facessi così quando prego.
Il modo in cui pregano mi rivela la mancanza che ho io. Di
solito prego solo con la mia bocca recitando e leggendo i salmi o i brani
biblici, ma la mia mente e il mio corpo fanno altre cose, pensando ai miei
problemi, agli esami e a tante altre cose. Vedere e partecipare al loro modo di
preghiera mi ha fatto scoprire l’assenza della sinergia tra la mia mente, il
mio corpo e il contenuto della mia preghiera.
Per superare questa mia assenza devo inserirmi con tutto me stesso
mettendoci dentro i miei problemi, le preoccupazioni quotidiani e anche la
fatica a pregare come l’intenzione in cui prego a Dio.
La cosa interessante che ho trovato è stata entrare nella
profondità del dono quotidiano che Dio mi regala. I monaci possono accogliere
la gente con affetto e amore perché credono di accogliere Dio accogliendo la
gente.
Parma, 31 agosto 2014
Pandri