Continuiamo
il nostro cammino quaresimale passando dal deserto al monte Tabor. La settimana
scorsa abbiamo visto il nostro protagonista, cioè Gesù Cristo, è stato tentato
ed è stato messo in questione da Satana riguardo alla sua scelta e alla sua
identità come Figlio di Dio. Il luogo della tentazione era il deserto che
geograficamente sta in basso, nella terra piana. Oggi, nella seconda domenica
di quaresima, lo stesso protagonista lo troviamo sul monte, però non è da solo
ma in compagnia dei tre discepoli (Pietro, Giovanni e Giacomo), in compagnia di
Elia e di Mosè, e poi anche della voce assicurante, consolante e affermativa
del Padre. Sul monte, in un luogo più alto rispetto al deserto che sta giù/nel
basso, Gesù si trova sostenuto, incoraggiato, confermato nella sua scelta e
identità di essere Figlio di Dio, sia dalla legge rappresentata da Mosè, sia
dalla profezia rappresentata da Elia e sia dal Padre che dice “Questi è il
Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!”
In
questo confronto tra queste prime due domeniche di quaresima vediamo il
passaggio che Gesù fa; dal deserto al monte, dal basso all’alto, dalla prova di
Satana alla conferma del Padre, dalla desolazione alla consolazione. Nel vangelo di oggi esplicitamente è stato
detto che Gesù nella conversazione con Elia e Mosè parlava dell’Esodo che avrebbe
compiuto a Gerusalemme.
Sappiamo
bene che quando si parla dell’esodo ci si riferisce alla liberazione: Israele, nell’esodo
sotto la guida di Mosè, è stato liberato dalla schiavitù in Egitto. Mentre
Elia, (quando Israele era già entrato nella terra promessa), ha liberato
Israele non però dalla schiavitù oppressiva/politica, ma dalla schiavitù dell’idolatria;
cioè quando Israele cominciava ad essere contaminata del culto di Baal dimenticando
l’unico Dio che l’ha scelto. Quindi Mosè ha liberato il popolo d’Israele
dall’opressione di Faraone in Egitto, mentre Elia libera il popolo eletto da
una schiavitù più sottile, più interiore che consiste nell’inganno degli idoli
mentali i quali se non vengono purificati e illuminati possono deviarci dalla
verità della fede in Dio di Israele.
C’è
da chiederci: quale è l’esodo che Gesù compie? Il contesto del vangelo di oggi
ci mostra che l’esperienza sul monte, cioè la trasfigurazione, è collegato con la passione e morte di Cristo.
Quindi l’esodo di cui si parla nella trasfigurazione è la croce, la
risurrezione e l’ascensione. E’ un esodo doloroso, ma anche vincente. Gesù lo
fa e lo assume consapevolmente e decisamente sapendo che Dio lo sostiene e lo
conferma.
Quale
è l’esodo che noi assumiamo? Il nostro esodo è assumere e vivere nella fede la
prova e la conferma, la desolazione e la consolazione della nostra scelta quotidiana. Il nostro esodo non è altro che metterci nella traccia di Gesù Cristo.
Da
tener presente che in questo suo passaggio Gesù è accompagnato dalla parola di
Dio. Gesù rispondeva alle tentazioni citando la parola di Dio; Gesù si è
trasfigurato ascoltando la stessa parola assicurante di Dio (contenuto nella
legge e nei profeti). Quindi la Parola di Dio diventa una forza inevitabile/efficacia
sia nell’esodo di Gesù sia anche nel nostro esodo. Come dice mons.Guido Marini,
il ceremoniere del papa, “Se rimarremo in
ascolto attento della parola che il Signore ci rivolge, ne potremo contemplare
anche il volto; se ogni giorno saremo fedeli nel nutrirci della parola che esce
dalla bocca del Signore, potremo gustare il Suo amore; se il vangelo diverrà
compagno di strada nel cammino quotidiano della vita, potremo rimanere
abbagliati dalla sua bellezza”. (E’ la mia riflessione della seconda
domenica di quaresima anno c, Luc 9, 28b-36).
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