Sto tornando a Salerno (5 novembre 2017) dopo aver partecipato alla
cerimonia della professione perpetua di Frater Robertus Kardi, uno studente
saveriano indonesiano che diventerà diacono il 3 dicembre 2017.
Porto con me la gioia immensa per il fatto di aver rivisto tanti amici che
ho conosciuto durante la mia permanenza a Parma per quasi quattro anni da
studente di teologia. Ero contentissimo vedere il volto luminoso di P. Rodolfo Ciroi, sx, causata dalla gioia di vedere il frutto del suo lavoro. Se non ci fosse stato lui a venire a cercarci a Flores, Frater Berto non avrebbe fatto parte definitivamente alla famiglia saveriana. Ricordo ancora la gioia che ho provato dopo essere
riuscito a dire il mio i complimenti che feci a Luca, un chitarrista fedele per
il coro saveriano. Gli dissi che la sua fedeltà e la sua costanza nell’ esserci
per il coro è stato ed è davvero una testimonianza di fedeltà e di impegno
almeno per me. Dopo aver sentito questo lui mi rivelò la sua filosofia: “Vengo
per esserci, che io ci sto, mi impegno”. Il suo modo di pensare può essere
davvero interessante perché attrae altri a partecipare; sarebbe bello che lo
facesse nei confronti dei giovani.
È indimenticabile la gioia grande che ho provato ieri sera quando, con
p. Claudio Marano e Renovat, siamo stati a cenare a casa dei miei padrini, che
mi hanno accompagnato durante il mio diaconato, Luca e Daniella Rovina. Ci
hanno accolto non solo con l’accoglienza calorosa ma anche con il cibo appetibile
nonostante abbiano avuto solo un breve tempo per prepararlo. Li avevo avvertiti
solo quaranta minuti prima. In verità ero indeciso se chiamarli esprimendo il
mio desiderio di venirli incontro in casa loro. Mi sentivo imbarazzato a fare
un appuntamento all’ultimo momento. Per fortuna ho superato la mia paura e hanno
accettato la mia proposta: infatti stando in mezzo a loro mi sono sentito a
casa, accolto e voluto bene.
Durante la messa mi sono accorto di non essere stato tanto presente
nella celebrazione perché giravo di qua e di là per fare la foto. È stata una scelta
consapevole per documentare questo momento importante del mio confratello; l’ho
fatto per lui. Tuttavia ho dato abbastanza attenzione ad ascoltare l’omelia del
superiore generale dei Saveriani, p. Fernando Garcia, in occasione della festa
del nostro fondatore, San Guido Maria Conforti, e della professione sia
perpetua di Berto che temporanea di alcuni studenti. Nella sua omelia sono
riuscito a cogliere il seguente messaggio.
Parlando di come essere missionario saveriano oggi, p. Fernando, che è
stato eletto al vertice dei Saveriani dalla metà di agosto scorso, ha ribadito
che i missionari sono coloro che sono stati oggetti dello sguardo amorevole di
Dio. Dio per primo con il suo amore ha conquistato il cuore dei missionari. Nella
frase del Fondatore è chiaramente ribadito che è l’amore di Cristo che ci ha
spinto per essere suoi inviati al mondo per testimoniare questo suo amore
abbondante per tutta l’umanità.
Ne consegue che la vita consacrata attraverso le professioni religiosi è
la risposta di quello sguardo amorevole di Dio che ognuno sperimenta nella sua
vita. La consacrazione religiosa è una nostra risposta di dire di Sì al
progetto amorevole di Dio per l’umanità intera. In questa logica i missionari
non sono i padroni della missione; al contrario essi sono collaboratori del
progetto di Dio, sono i servi inutili.
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