La Voce che si rivela
Nella quarta domenica di pasqua
ascoltiamo il brano del buon pastore. Questo brano viene diviso in due parti:
Gv 10,1-6 e Gv 10,7-21. La prima parte (Gv 10,1-6) parla della contrapposizione
tra il pastore e il ladro. Il pastore entra e si relaziona con le pecore
attraverso la porta mentre i ladri e i briganti entrano nel recinto salendo da un’altra
parte. La seconda parte (Gv 10,7-21) parla di Gesù che si definisce o si dice
di essere come la porta e il pastore del gregge. Il rapporto tra il pastore e
gregge simboleggia la relazione tra re e popolo Israele, tra Dio come pastore e
il suo popolo.
Mi stupisce prima di tutto
l’immagine di Gesù nel suo rapporto con le pecore. Gesù, il pastore (Gv 10,11)
chiama le sue pecore ciascuna per nome e cammina davanti a esse. Chiamare per
nome indica un coinvolgersi con qualcuno. Vuol dire che c’è un rapporto
personale di amicizia reciproca, di affidamento e un’attenzione speciale alla
situazione delle persone a cui si rivolge. Dare e ricordare i nomi di tutti le
pecore non è facile ma per Gesù questo significa l’amore; cioè la sua grande
attenzione per noi. Vuol dire che Gesù si prende cura, ci conosce e ci ama. Non
a caso, dopo la sua risurrezione Gesù appare a Maria di Magdala e la chiama per
nome, “Maria” (Gv20,16). Sicuramente Gesù ci conosce, ci ama e si prende cura
perché abbiamo la vita in abbondanza (cfr, Gv 10,10). Questo suo amore gratuito
lo vive fino alla croce.
Gesù chiama le pecore ciascuna
per nome può essere anche un atto per farsi conoscere. Chiamare qualcuno per nome non solo attira
l’attenzione di colui al quale ci si rivolge nome ma anche rivela l’identità
del soggetto: cioè quando chiamo qualcuno allo stesso tempo rivelo chi io sono.
Quindi la voce rivela chi sei. Gesù chiama le pecore per nome per farsi
conoscere, per rivelarsi perché lo conoscano. Il pastore per farsi conoscere entra
attraverso la porta. I ladri e i briganti, invece, che non entrano dalla porta
e non chiamano le pecore per nome non solo non le conoscono ma anche il loro
scopo è diverso dal pastore buono. Ecco ‘il chiamare per nome’ anzitutto è
tipico del pastore e attraverso la sua voce il pastore si rivela. Quale voce mi
sta attirando?
Un’altra immagine su cui mi
piace riflettere è Gesù, il pastore buono, che cammina davanti alle pecore. Con
quest’immagine mi vengono in mente gli episodi come il buon samaritano, il
ritorno del figlio prodigo, la ricerca della pecora smarrita, il perdono della
donna adultera e alla fine la sua morte sulla croce. Questi brani parlano
proprio dell’atteggiamento di Gesù nel suo rapporto con noi. Gesù
Lui ci precede e ci affascina con il suo modo di vivere ed agire: cioè Lui
stesso è la vita, la luce, il vero liberatore e la salvezza. Quindi questi
brani ci mostrano che Gesù conduce le sue pecore alla vita, alla luce, alla
liberazione e alla salvezza. Quindi Gesù conosce e prende cura del suo gregge e
lo porta alla vita. Lui è pastore buono perché è buono. A questo punto c’è una
domanda, se Gesù mi ama e mi conosce così profondamente e mi porta alla vita,
da parte mia conosco questo Gesù che ama così tanto?
Ricordo anche che in questo
brano la parola “pecora” viene ripetuta 8 volte. Questo fatto forse indica che
essa è molto importante. Credo che l’importanza riguardi a tutti noi.
Prima ho già sottolineato
l’atteggiamento del pastore verso il suo gregge. Il Pastore conduce e guida le
pecore alla vita e alla luce. Ma per poterci condurre alla vita, bisogna
lasciarsi guidare dal pastore buono ed unico. Per poter essere condotto ho
bisogno di saper conoscere chi mi guida e chi mi conduce. Non a caso nei versetti
3 e 4 ci sono i verbi chiave “ascoltare (ascoltano), seguire (seguono),
conoscere (conoscono).” Le pecore possono seguire il pastore se lo conoscono e
per poterlo conoscere bisogna prima di tutto ascoltarlo. Questi 3 verbi sono
importanti perché in questo brano l’evangelista Giovanni cita non solo il
pastore ma anche i ladri e briganti. Quindi bisogna essere capaci di
riconoscere la voce del pastore per distinguerlo dalla voce dei ladri e
briganti. Per conoscere la sua voce occorre mettersi in ascolto, occorre
entrare nel silenzio, occorre preparare il momento adatto ad ascoltarlo.
Ma cosa vuol dire ascoltare la
voce del pastore nella vita vissuta quotidianamente? Mi vengono in mente le
storie di alcuni fedeli del mio paese che lasciano la fede in Cristo per fare
una buona carriera. Più spiacevole l’atteggiamento della gente che rimane
cristiana ma il modo di vivere e di agire contrario alla fede, per esempio praticando
la corruzione e la violenza. Credo che davanti alla scelta morale e anche di
fede, la gente ha ascoltato la voce del pastore su che cosa sia la verità nella
propria coscienza. Credo che la gente abbia la consapevolezza del bene del
male, dell’amore, della giustizia, del fare il bene per gli altri e anche dei
bisogni elementari degli altri.
Ogni giorno si sente questa voce e davanti alla
scelta o alla decisione che dobbiamo fare questa voce si rivela/manifesta. Ma
il problema è che la gente dopo averla sentita non ha il coraggio di seguirla,
di sceglierla come propria, come scelta di vita. Su questo punto la gente
piuttosto che sentire la voce del vero Pastore, preferisce lasciarsi prendere o
guidare dai ladri e briganti.
Yanto,
Parma, 19 Giugno 2014