Kamis, 19 Juni 2014

La Voce che si rivela

La Voce che si rivela


Nella quarta domenica di pasqua ascoltiamo il brano del buon pastore. Questo brano viene diviso in due parti: Gv 10,1-6 e Gv 10,7-21. La prima parte (Gv 10,1-6) parla della contrapposizione tra il pastore e il ladro. Il pastore entra e si relaziona con le pecore attraverso la porta mentre i ladri e i briganti entrano nel recinto salendo da un’altra parte. La seconda parte (Gv 10,7-21) parla di Gesù che si definisce o si dice di essere come la porta e il pastore del gregge. Il rapporto tra il pastore e gregge simboleggia la relazione tra re e popolo Israele, tra Dio come pastore e il suo popolo.

Mi stupisce prima di tutto l’immagine di Gesù nel suo rapporto con le pecore. Gesù, il pastore (Gv 10,11) chiama le sue pecore ciascuna per nome e cammina davanti a esse. Chiamare per nome indica un coinvolgersi con qualcuno. Vuol dire che c’è un rapporto personale di amicizia reciproca, di affidamento e un’attenzione speciale alla situazione delle persone a cui si rivolge. Dare e ricordare i nomi di tutti le pecore non è facile ma per Gesù questo significa l’amore; cioè la sua grande attenzione per noi. Vuol dire che Gesù si prende cura, ci conosce e ci ama. Non a caso, dopo la sua risurrezione Gesù appare a Maria di Magdala e la chiama per nome, “Maria” (Gv20,16). Sicuramente Gesù ci conosce, ci ama e si prende cura perché abbiamo la vita in abbondanza (cfr, Gv 10,10). Questo suo amore gratuito lo vive fino alla croce.


Gesù chiama le pecore ciascuna per nome può essere anche un atto per farsi conoscere.  Chiamare qualcuno per nome non solo attira l’attenzione di colui al quale ci si rivolge nome ma anche rivela l’identità del soggetto: cioè quando chiamo qualcuno allo stesso tempo rivelo chi io sono. Quindi la voce rivela chi sei. Gesù chiama le pecore per nome per farsi conoscere, per rivelarsi perché lo conoscano. Il pastore per farsi conoscere entra attraverso la porta. I ladri e i briganti, invece, che non entrano dalla porta e non chiamano le pecore per nome non solo non le conoscono ma anche il loro scopo è diverso dal pastore buono. Ecco ‘il chiamare per nome’ anzitutto è tipico del pastore e attraverso la sua voce il pastore si rivela. Quale voce mi sta attirando?

Un’altra immagine su cui mi piace riflettere è Gesù, il pastore buono, che cammina davanti alle pecore. Con quest’immagine mi vengono in mente gli episodi come il buon samaritano, il ritorno del figlio prodigo, la ricerca della pecora smarrita, il perdono della donna adultera e alla fine la sua morte sulla croce. Questi brani parlano proprio dell’atteggiamento di Gesù nel suo rapporto con noi. Gesù
cammina davanti alle pecore vuol dire che Lui stesso inizia per prima: ci conosce, ci ama, ci perdona prima che lo conosciamo, lo amiamo e rispondiamo al suo perdono.


Lui ci precede e ci affascina con il suo modo di vivere ed agire: cioè Lui stesso è la vita, la luce, il vero liberatore e la salvezza. Quindi questi brani ci mostrano che Gesù conduce le sue pecore alla vita, alla luce, alla liberazione e alla salvezza. Quindi Gesù conosce e prende cura del suo gregge e lo porta alla vita. Lui è pastore buono perché è buono. A questo punto c’è una domanda, se Gesù mi ama e mi conosce così profondamente e mi porta alla vita, da parte mia conosco questo Gesù che ama così tanto?

Ricordo anche che in questo brano la parola “pecora” viene ripetuta 8 volte. Questo fatto forse indica che essa è molto importante. Credo che l’importanza riguardi a tutti noi.
Prima ho già sottolineato l’atteggiamento del pastore verso il suo gregge. Il Pastore conduce e guida le pecore alla vita e alla luce. Ma per poterci condurre alla vita, bisogna lasciarsi guidare dal pastore buono ed unico. Per poter essere condotto ho bisogno di saper conoscere chi mi guida e chi mi conduce. Non a caso nei versetti 3 e 4 ci sono i verbi chiave “ascoltare (ascoltano), seguire (seguono), conoscere (conoscono).” Le pecore possono seguire il pastore se lo conoscono e per poterlo conoscere bisogna prima di tutto ascoltarlo. Questi 3 verbi sono importanti perché in questo brano l’evangelista Giovanni cita non solo il pastore ma anche i ladri e briganti. Quindi bisogna essere capaci di riconoscere la voce del pastore per distinguerlo dalla voce dei ladri e briganti. Per conoscere la sua voce occorre mettersi in ascolto, occorre entrare nel silenzio, occorre preparare il momento adatto ad ascoltarlo.


Ma cosa vuol dire ascoltare la voce del pastore nella vita vissuta quotidianamente? Mi vengono in mente le storie di alcuni fedeli del mio paese che lasciano la fede in Cristo per fare una buona carriera. Più spiacevole l’atteggiamento della gente che rimane cristiana ma il modo di vivere e di agire contrario alla fede, per esempio praticando la corruzione e la violenza. Credo che davanti alla scelta morale e anche di fede, la gente ha ascoltato la voce del pastore su che cosa sia la verità nella propria coscienza. Credo che la gente abbia la consapevolezza del bene del male, dell’amore, della giustizia, del fare il bene per gli altri e anche dei bisogni elementari degli altri.
Ogni giorno si sente questa voce e davanti alla scelta o alla decisione che dobbiamo fare questa voce si rivela/manifesta. Ma il problema è che la gente dopo averla sentita non ha il coraggio di seguirla, di sceglierla come propria, come scelta di vita. Su questo punto la gente piuttosto che sentire la voce del vero Pastore, preferisce lasciarsi prendere o guidare dai ladri e briganti.

Yanto,

Parma, 19 Giugno 2014