Vorrei
condividere la mia riflessione per quanto riguarda la mia preparazione di
quest’anno ad accogliere la presenza di Dio in Gesù nella mia vita collegando
l’anno di misericordia voluto da Papa Francesco e il Natale. Questa riflessione
è concentrata su questi due eventi importanti che stiamo vivendo e di cui
facciamo parte.
Mi
piace definire la misericordia dividendola in due parole: miseria e cordia. La miseria è la condizione disumana vista nella
miseria fisica (la fame, senza tetto, senza lavoro) e anche nella miseria
spirituale o interiore (il sentirsi abbandonato, il sentirsi non amato, ect.)
Madre Teresa di Calcuta identifica questa miseria come la peggior malattia di
oggi. Lei scrive “La peggior malattia di
oggi è il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati. Vi sono
molte persone al mondo che muoiono di fame, ma un numero ancora maggiore muore
per mancanza d’amore. Ognuno ha bisogno di amore. Ognuno deve sapere di essere
desiderato, di essere amato e di essere importante per Dio. Vi è fame d’amore,
e vi è fame di Dio”. Poi c’è la parola ‘cordia’ cioè cuore, non nel senso
fisico-biologico, ma come centro di sé. Il cuore è il centro di una persona; il
luogo in cui qualcuno si riconosce, prova i sentimenti di gioia, di delusione,
di compassione, di simpatia, di attrazione, ect.
Quindi
per me la misericordia è rivolgere il cuore alla miseria dell’altro, donare il
cuore nella situazione concreta del prosimo. La misericordia è il sentirsi
coinvolto, apassionato e attratto dalla realtà altrui. La misericordia è
condividere. Mons. Enrico Solmi diceva, durante l’apertura della porta santa
nella diocesi qualche giorna fa, che la misericordia è farsi prosimo come fa il
buon samaritano.
Che
c’entra il Natale con tutto questo? Il Natale è l’atto in cui Dio mette o
rivolge il suo cuore alla miseria del suo popolo, alla nostra miseria.
Ricordiamo ancora il passo del Esodo 3,7-10 in cui Dio ascolta le sofferenze
del suo popolo e decide di liberarlo attraverso Mosè. Ricordiamo anche il brano
del buon samaritano che si prende cura la ferita altrui. Quindi Dio vede la
nostra sofferenza e il nostro dolore e manda Mosè, i profeti e poi alla fine il
Suo unico Figlio per salvarci. Dice il salmista, nell’ufficio delle letture
della quarta setimana dell’avvento, “ma
Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. Sia
benedetto Dio: non ha respinto la mia preghiera, non ha negato la sua
misericordia (Sal 65,20)”. Il Natale è Dio che assume la nostra condizione
umana, che si occupa di noi, che ne prova compassione, che si mette nei nostri
panni e interviene per sostenerci.
Quindi
per me il Natale è un dono regalato da Dio e anche un impegno da svolgere o da
assumere. Il natale è dono poiché Dio viene a donarci il suo cuore condividendo
il suo amore e soprattutto indicandoci come dovrebbe essere la vita umana. Il
natale è un impegno poiché Dio mi chiede di accogliere il suo dono e non
nasconderlo solo per me. Dio mi chiede di essere misericordioso, cioè di
mettere il mio cuore nella realtà altrui. Quando ognuno di noi agisce
misericordiosamente, cioè mette e svolge il proprio cuore nel cuore degli
altri, lì Dio è presente e lì Gesù nasce.
Cari
fratelli e care sorelle, se vogliamo davvero che Gesù nasca nel cuore degli
altri dobbiamo mettere il nostro cuore nella realtà degli altri. La nascita di
Gesù nei nostri cuori non dipende solamente dall’azione di Dio, ma dipende
anche dalla nostra disponibilità, come vediamo nella disponibilità di Maria, di
Elisabetta e di Giuseppe per collaborare con Dio. Il mio rettore dice ogni
tanto che se vogliamo lavorare bene la prima cosa da fare è curare gli
strumenti. Noi siamo gli strumenti del vangelo e del mistero dell’incarnazione
di Dio; se noi non ci comportiamo bene, se non viviamo coerentemente con il
vangelo, non bisogna meravigliarsi quando i nostri vicini di casa ci mandano di
quel paese. Preghiamo allora Dio perché susciti in noi la docibilità di
lasciarci plasmare dal Dio fatto uomo. Buon Natale ancora!!!
Tidak ada komentar:
Posting Komentar