Minggu, 29 November 2015

Cosa vedono in loro per cui le amano e se ne prendono cura?



Sabato 20 novembre 2015. Sono stato a Gaiano, in provincia di Parma, circa trenta minuti da Parma in macchina, insieme con p.Tof. Sono andato ad accompagnarlo perché lui doveva celebrare la messa in una comunità dove ci sono le persone diversamente abili. Durante il viaggio mi diceva che queste persone erano emarginate dalla propria famiglia. Arrivati lì, c’erano due suore e una volontatria che viene ogni tanto a dare una mano per curare questi nostri fratelli: sono una decina di persone. Ci hanno accolti calorosamente e mi sono trovato subito bene in mezzo a loro.

Niente di particolare è successo in questo incontro non previsto ma vederli (le suore e le persone diversamente abili) così mi è venuta in mente un’esperienza simile che feci dieci anni fa dove mi trovai in una realtà simile. Fu a Yogyakarta, in Panti Asih Pakem, una casa per le persone diversamente abili. Eravamo quattro studenti saveriani: Ansi, Gordi, Polce e Pandri. Andammo per un mese intero a fare qualche piccolo servizio: aiutandoli a fare il bagno, imboccandoli, sistemando la loro stanza e passando insieme a loro qualche momento particolare. Nei primi giorni mi trovai in una situazione difficile: la difficoltà nel comunicare, nell’abituarsi e nel comportarsi in una realtà perfettamente diversa dalla solita realtà in cui mi trovavo, ma andando avanti ci si abituava e si godeva anche la bellezza di dare loro una mano. Alla fine di quell’esperienza mi chiedevo spesso perché i volontari erano riusciti a servirli e perché ero riuscito a dare qualche tempo e stare con loro.

La stessa domanda mi facevo durante la messa: come mai le suore e i volontari riescono a servire queste persone? Cosa vedono in loro per cui le amano e se ne prendono cura? Per avere una risposta convincente bisogna intervistare le suore e i volontari, ma queste domande mi riguardano: se ci fossi anch’io, che cosa farei e risponderei?

Citerei parafrasando le parole di madre Teresa di Calcutta quando diceva che a lei piaceva stare vicina, curare e accompagnare gli ammalati e i moribondi perché potessero sentire che loro non erano soli, ma c’era Gesù presente nella loro condizione. Nella vita e nelle parole di madre Teresa di Calcutta c’era la presenza di Dio. La presenza di Dio avviene quando c’è la compassione che si esprime nei gesti concreti e nelle parole consolatorie.

Ho visto questi gesti concreti di compassione divina fatta dalle mani delle suore e dai volontari verso questi nostri fratelli cosiddetti emarginati dalla famiglia e anche dalla società. Qualcuno potrebbe smentire questa mia opinione dicendo che non è vero: lo stato spende qualche soldo per mantenere queste strutture e queste associazioni. Non colpevolizzerei nessuno, ma mi interessa solo apprezzare quest’atto d’amore fatto e espresso dalle suore e dai volontari. Sono veramente gesti divini poiché dalla logica del mercato queste persone diversamente abili vengono considerati inutili poiché non producono niente quindi non valgono niente. Di solito quando una cosa non vale si butta via. Putroppo è una cultura disumana poiché misura il valore dell’uomo come se fosse una cosa.

Sono convinto che le persone, agendo diversamente da questa cultura disumana, sono veramente persone di Dio. La loro azione spinta dalla forza spirituale può apprezzare e cogliere il valore umano intrinseco in ogni persona anche nelle persone diversamente abili. Le vedono non dal punto di vista della produtività e dalla capacità del fare, ma le vedono per il fatto che esistono come uomo e donna simili agli altri.

Prego Dio perché Egli conceda sempre alle sorelle e ai volontari la forza incessante per continuare questi gesti concreti di amore misericordioso verso gli emarginati. Prego Dio perché mi apra il cuore per avere sempre lo stesso zelo e di considerare gli altri come fratelli e sorelle nati da Dio creatore e misericordioso.


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