Molveno 4 agosto 2014. Abbiamo
iniziato, nel primo giorno della nostra convivenza estiva comunitaria dello
studentato teologico con la messa che viene presieduta da P. Fabrizio Tosolini,
il nuovo rettore dello studentato che è appena arrivato dalla Taiwan dove
lavorava per 17 anni. Nella sua omelia commentando la scena dei discepoli sulla
barca sotto la tempesta/onda spaventosa mentre Gesù camminava sul mare (Mat
14,22-36), affermava l’atteggiamento adatto che la chiesa doveva fare; cioè di
venire verso Gesù come la domanda chiesta da Pietro a Gesù, “Signore se sei tu,
comandami di venire verso te sull’acqua” (Mat 14,28). La chiesa è la barca che
sta camminando sul mare cercando di sentire la chiamata di Gesù, “Vieni!”.
Mi è piaciuto ascoltare questo
messaggio perché mi ha aiutato ad orientarmi a vivere questo bel momento della
nostra convivenza estiva; cioè mi ha invitato a porre l’orecchio per ascoltare
o sentire la voce che mi grida, ‘Vieni’ camminando i mezzo i boschi o salendo
sulla cima della montagna. Vorrei che quella voce mi disse che questa
bellissima natura è stata creata dal Dio di Gesù Cristo.
Quest’orientamento mi ha spinto ad
andare a fare un giro del lago Molveno. Insieme con c’erano Basile, Gordi e
Severin nei quali non avevano mai fatto questo giro perché sono appena arrivati
a settembre dell’anno scorso mentre io avevo già sperimentato quando sono stato
qui l’anno scorso. Quindi siamo partiti dalle 09.45 e dall’inizio abbiamo preso
proprio il sentiero normale dove di solito la gente passa per fare il giro
attorno al lago. Camminando e arrivando in qualche posto bello ci siamo fermati
un attimo e abbiamo preso qualche foto perché volessimo ricordare sempre.
Andando avanti e salendo in una salita,
c’era un spazio frequentato con la traccia dei piedi che mi sembrava che fosse
una scorciatoia, cioè un sentiero corto per poter raggiungere al di là del
sentiero che stavamo seguendo. Pensavo che prendendo quel sentiero corto
potessimo risparmiare energia e arrivare più presto alla nostra destinazione.
Ero proprio davanti a miei confratelli e ho deciso di prendere questo sentiero
corto e gli altri mi seguivano. Andando avanti non c’erano poi i segnali che li
abbiamo visti nel sentiero giusto o normale, il sentiero che stavamo seguendo
non era più chiaro perché non c’era nessuna traccia della gente che passasse
prima di noi. I miei cominciavano a chiedermi, “Pandri, dove stiamo andando.
Sei sicuro che questo sentiero ci porta al posto in cui vogliamo raggiungere?
Oppure ci stiamo perdendo?” “Andiamo avanti ragazzi, possiamo trovare la strada
giusta,” li ho detti assicurandosi perché non avessero paura. Scendendo ci
siamo raggiunti il confine del lago senza trovare la via di uscita; salendo alla
cima della collina con qualche sentiero dei pescatori abbiamo trovato una casa
privata senza ancora trovare la via di uscita. Ci siamo fermati sentendo l’aria
fresca dei boschi, guardando attorno soprattutto il punto d’arrivo che era
ancora lontano e poi ci siamo accorti che stavamo perdendo veramente. Eravamo
proprio sotto i boschi e quindi ho accompagnato sul sentiero sbagliato i miei
confratelli. Mi sentivo proprio la colpa, “é stata colpa mia ragazzi” ho detto
a loro ma mi hanno assicurato di non colpevolizzare nessuno perché non abbiamo
perso nessuno.
Dopo essere ripartiti seguendo un
piccolo sentiero verso nord abbiamo sentito la voce della gente che non era
lontano da dove eravamo noi. Abbiamo prolungato la nostra camminata cercando
quella voce e proprio quella voce ci ha portato al sentiero giusto / normale.
Abbiamo continuato il nostro giro seguendo proprio il sentiero giusto e siamo
arrivati a casa nostra alle 13.10. Abbiamo raccontato tutto ciò che è accaduto
ai nostri confratelli che erano rimasti a casa e quell’esperienza di perdita la
strada è diventata una cosa da prenderci in giro ma per me è diventata una cosa
da imparare, cioè una cosa che mi insegna qualcosa.
Se non avessimo preso quel sentiero che
mi sembrava fosse un scorciatoia noi saremo arrivati in tempo o meglio se i
miei confratelli mi avessero rifiutato di prenderlo, la voce che ci indicava la
strada sarebbe stata inutile. Ma del nostro caso la voce della gente che ci
salvava mi ha fatto pensare e ricordare ad essere prudente alla voce che volevo
sentire perché la causa della nostra perdita era proprio la mia decisione di
seguire la mia voce che sentivo dentro di me. Quindi sentire la voce vera e
giusta o buona soprattutto sentire la voce di di Gesù non facile perché ci sono
tante voci che mi chiamano: la voce dell’orgoglio, della paura, dall’egoismo e
anche la voce di Gesù. Per sentire la voce vera e giusta che mi porta alla vita
matura e decisione positiva-significativa di Gesù occorre una obbedienza totale
alla Sua Parola. Si può ascoltare la Sua voce sedendo a leggere e riflettere la
Sua Parola. Ascoltandolo nella Sua Parola è il sentiero giusto da camminare e
da fare. Oltre da ciò ci porta alla perdizione e smarrimento.
Parma,
30 settembre 2014
Pandri
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