Sabtu, 26 Desember 2015

Il natale è l’atto di misericordia…



Vorrei condividere la mia riflessione per quanto riguarda la mia preparazione di quest’anno ad accogliere la presenza di Dio in Gesù nella mia vita collegando l’anno di misericordia voluto da Papa Francesco e il Natale. Questa riflessione è concentrata su questi due eventi importanti che stiamo vivendo e di cui facciamo parte.

Mi piace definire la misericordia dividendola in due parole: miseria e cordia. La miseria è la condizione disumana vista nella miseria fisica (la fame, senza tetto, senza lavoro) e anche nella miseria spirituale o interiore (il sentirsi abbandonato, il sentirsi non amato, ect.) Madre Teresa di Calcuta identifica questa miseria come la peggior malattia di oggi. Lei scrive “La peggior malattia di oggi è il non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati. Vi sono molte persone al mondo che muoiono di fame, ma un numero ancora maggiore muore per mancanza d’amore. Ognuno ha bisogno di amore. Ognuno deve sapere di essere desiderato, di essere amato e di essere importante per Dio. Vi è fame d’amore, e vi è fame di Dio”. Poi c’è la parola ‘cordia’ cioè cuore, non nel senso fisico-biologico, ma come centro di sé. Il cuore è il centro di una persona; il luogo in cui qualcuno si riconosce, prova i sentimenti di gioia, di delusione, di compassione, di simpatia, di attrazione, ect.

Quindi per me la misericordia è rivolgere il cuore alla miseria dell’altro, donare il cuore nella situazione concreta del prosimo. La misericordia è il sentirsi coinvolto, apassionato e attratto dalla realtà altrui. La misericordia è condividere. Mons. Enrico Solmi diceva, durante l’apertura della porta santa nella diocesi qualche giorna fa, che la misericordia è farsi prosimo come fa il buon samaritano.

Che c’entra il Natale con tutto questo? Il Natale è l’atto in cui Dio mette o rivolge il suo cuore alla miseria del suo popolo, alla nostra miseria. Ricordiamo ancora il passo del Esodo 3,7-10 in cui Dio ascolta le sofferenze del suo popolo e decide di liberarlo attraverso Mosè. Ricordiamo anche il brano del buon samaritano che si prende cura la ferita altrui. Quindi Dio vede la nostra sofferenza e il nostro dolore e manda Mosè, i profeti e poi alla fine il Suo unico Figlio per salvarci. Dice il salmista, nell’ufficio delle letture della quarta setimana dell’avvento, “ma Dio ha ascoltato, si è fatto attento alla voce della mia preghiera. Sia benedetto Dio: non ha respinto la mia preghiera, non ha negato la sua misericordia (Sal 65,20)”. Il Natale è Dio che assume la nostra condizione umana, che si occupa di noi, che ne prova compassione, che si mette nei nostri panni e interviene per sostenerci.

Quindi per me il Natale è un dono regalato da Dio e anche un impegno da svolgere o da assumere. Il natale è dono poiché Dio viene a donarci il suo cuore condividendo il suo amore e soprattutto indicandoci come dovrebbe essere la vita umana. Il natale è un impegno poiché Dio mi chiede di accogliere il suo dono e non nasconderlo solo per me. Dio mi chiede di essere misericordioso, cioè di mettere il mio cuore nella realtà altrui. Quando ognuno di noi agisce misericordiosamente, cioè mette e svolge il proprio cuore nel cuore degli altri, lì Dio è presente e lì Gesù nasce.

Cari fratelli e care sorelle, se vogliamo davvero che Gesù nasca nel cuore degli altri dobbiamo mettere il nostro cuore nella realtà degli altri. La nascita di Gesù nei nostri cuori non dipende solamente dall’azione di Dio, ma dipende anche dalla nostra disponibilità, come vediamo nella disponibilità di Maria, di Elisabetta e di Giuseppe per collaborare con Dio. Il mio rettore dice ogni tanto che se vogliamo lavorare bene la prima cosa da fare è curare gli strumenti. Noi siamo gli strumenti del vangelo e del mistero dell’incarnazione di Dio; se noi non ci comportiamo bene, se non viviamo coerentemente con il vangelo, non bisogna meravigliarsi quando i nostri vicini di casa ci mandano di quel paese. Preghiamo allora Dio perché susciti in noi la docibilità di lasciarci plasmare dal Dio fatto uomo. Buon Natale ancora!!!


Minggu, 29 November 2015

Cosa vedono in loro per cui le amano e se ne prendono cura?



Sabato 20 novembre 2015. Sono stato a Gaiano, in provincia di Parma, circa trenta minuti da Parma in macchina, insieme con p.Tof. Sono andato ad accompagnarlo perché lui doveva celebrare la messa in una comunità dove ci sono le persone diversamente abili. Durante il viaggio mi diceva che queste persone erano emarginate dalla propria famiglia. Arrivati lì, c’erano due suore e una volontatria che viene ogni tanto a dare una mano per curare questi nostri fratelli: sono una decina di persone. Ci hanno accolti calorosamente e mi sono trovato subito bene in mezzo a loro.

Niente di particolare è successo in questo incontro non previsto ma vederli (le suore e le persone diversamente abili) così mi è venuta in mente un’esperienza simile che feci dieci anni fa dove mi trovai in una realtà simile. Fu a Yogyakarta, in Panti Asih Pakem, una casa per le persone diversamente abili. Eravamo quattro studenti saveriani: Ansi, Gordi, Polce e Pandri. Andammo per un mese intero a fare qualche piccolo servizio: aiutandoli a fare il bagno, imboccandoli, sistemando la loro stanza e passando insieme a loro qualche momento particolare. Nei primi giorni mi trovai in una situazione difficile: la difficoltà nel comunicare, nell’abituarsi e nel comportarsi in una realtà perfettamente diversa dalla solita realtà in cui mi trovavo, ma andando avanti ci si abituava e si godeva anche la bellezza di dare loro una mano. Alla fine di quell’esperienza mi chiedevo spesso perché i volontari erano riusciti a servirli e perché ero riuscito a dare qualche tempo e stare con loro.

La stessa domanda mi facevo durante la messa: come mai le suore e i volontari riescono a servire queste persone? Cosa vedono in loro per cui le amano e se ne prendono cura? Per avere una risposta convincente bisogna intervistare le suore e i volontari, ma queste domande mi riguardano: se ci fossi anch’io, che cosa farei e risponderei?

Citerei parafrasando le parole di madre Teresa di Calcutta quando diceva che a lei piaceva stare vicina, curare e accompagnare gli ammalati e i moribondi perché potessero sentire che loro non erano soli, ma c’era Gesù presente nella loro condizione. Nella vita e nelle parole di madre Teresa di Calcutta c’era la presenza di Dio. La presenza di Dio avviene quando c’è la compassione che si esprime nei gesti concreti e nelle parole consolatorie.

Ho visto questi gesti concreti di compassione divina fatta dalle mani delle suore e dai volontari verso questi nostri fratelli cosiddetti emarginati dalla famiglia e anche dalla società. Qualcuno potrebbe smentire questa mia opinione dicendo che non è vero: lo stato spende qualche soldo per mantenere queste strutture e queste associazioni. Non colpevolizzerei nessuno, ma mi interessa solo apprezzare quest’atto d’amore fatto e espresso dalle suore e dai volontari. Sono veramente gesti divini poiché dalla logica del mercato queste persone diversamente abili vengono considerati inutili poiché non producono niente quindi non valgono niente. Di solito quando una cosa non vale si butta via. Putroppo è una cultura disumana poiché misura il valore dell’uomo come se fosse una cosa.

Sono convinto che le persone, agendo diversamente da questa cultura disumana, sono veramente persone di Dio. La loro azione spinta dalla forza spirituale può apprezzare e cogliere il valore umano intrinseco in ogni persona anche nelle persone diversamente abili. Le vedono non dal punto di vista della produtività e dalla capacità del fare, ma le vedono per il fatto che esistono come uomo e donna simili agli altri.

Prego Dio perché Egli conceda sempre alle sorelle e ai volontari la forza incessante per continuare questi gesti concreti di amore misericordioso verso gli emarginati. Prego Dio perché mi apra il cuore per avere sempre lo stesso zelo e di considerare gli altri come fratelli e sorelle nati da Dio creatore e misericordioso.


Sabtu, 31 Oktober 2015

Pesta Emas dan Makna Hidup (Sebuah ringkasan dari kotbah p. Marini ketika beliau memimpin misa emasnya di Parma)


Kami dan beliau...
P.Francesco Marini memimpin misa syukur 50 tahun imamatnya di Santuario St. Guido Maria Conforti, Parma, Italia, yang dihadiri oleh ratusan umat juga para konfrater Xaverian, pada hari Minggu, 6 Agustus 2015. Hadir bersama beliau tujuh pastor Xaverian dari sembilanbelas konfraternya yang ditahbiskan bersama beliau limapuluhtahun silam.

Misa ini merupakan “misa emas” pertama yang paling sederhana saya ikuti: tidak ada koor meriah, sama sekali tidak ada dekorasi, tidak banyak umat yang datang, tidak ada pesta meriah, tidak ada uskup yang hadir, juga tidak ada hadiah istimewa yang mereka terima. Yang istimewa adalah kerendahan hati p. Marini untuk bersyukur kepada Tuhan atas berkat pendampingan-Nya selama melayani-Nya sebagai imam misionaris juga bersyukur kepada keluarga Xaverian, sahabat dan teman-teman yang mendukungnya selama melayani umat Allah. Kerendahan hatinya terungkap pula dalam kata-katanya ini, “Perayaan ini selain sebagai ucapan syukur semestinya menjadi kesempatan untuk memohon ampun atas kelalaianku, kelalaian kami dalam mengemban tugas dan tanggungjawab yang seharusnya kami hidupi dan jalani tapi dalam kenyataannya kami melupakannya.”

Dalam homilinya p. Marini mengungkapkan alasan mengapa beliau bersyukur atas rahmat sebesar ini. Mengikuti Kristus dengan menjadi imam misionaris mengantar beliau untuk menemukan makna hidupnya sendiri juga hidup orang lain. Semua orang membutuhkan makanan, rumah, pakaian, aturan, sarana dan prasarana untuk membangun hidup pribadi, keluarga juga masyarakat. Kadang kebutuhan-kebutuhan ini dicari sekedar untuk bertahan hidup, untuk memperoleh hidup yang layak. Tapi sadar atau tidak sadar, manusia tidak hidup hanya untuk memenuhi kebutuhan-kebutuhan ini saja, manusia tidak hidup hanya untuk memperoleh benessere; lebih dari itu manusia membutuhkan makna hidupnya, ia juga perlu mengetahui alasan mengapa ia hidup, ia membutuhkan harapan. Kebutuhan akan makna hidup dan harapan inilah yang ditawarkan oleh Kristus yang sampai ke tangan kita melalui Injil-Nya. Keselamatan terjadi ketika manusia menemukan makna hidupnya dalam Kristus; ketika manusia melihat dan menghargai diri dan sesamanya sebagaimana Yesus melihat dan menghargai kita. Jadi bagi beliau, menjadi missionaris pewarta Injil Kristus selama limapuluh tahun selain telah memanusiakan dirinya sendiri tetapi juga telah memanusiakan orang lain dalam terang Kristus, menawarkan jalan yang tepat untuk menjadi manusia yang sesungguhnya.

Panggilan untuk menemukan makna hidup dalam Kristus dan mewartakannya kepada semua orang tidak berakhir dengan pesta emas ini dan tidak tertuju hanya kepada p. Marini dan teman-teman pastor seangkatannya. Sebaliknya, panggilan ini merupakan tugas semua orang yang dibaptis untuk pertama-tama menemukan arti hidupnya sendiri dalam Kristus lalu ditawarkan kepada sesama. Hal ini sangat penting dan bahkan mendesak karena semua orang membutuhkannya. Dengan demikian menjadi missionaris berarti menjadi manusia seturut gambar dan rupa Allah yang terungkap secara penuh dalam diri Yesus Kristus. Cara hidup pastor Marini telah mencerminkan dengan cukup jelas hal ini. Saya sangat bangga mengenal beliau baik sebagai missionaris maupun sebagai formator dan konfrater.

Selamat pesta emas p. Marini dan tetaplah menjadi teladan bagi kami.

Salam,
Pandri





Rabu, 30 September 2015

Orang asing, nasibmu kini!

Desio e Milano, Sabtu 22 agustus 2015. Seusai sarapan pagi saya berangkat dari komunitas Xaverian di Desio, di mana saya tinggal selama dua minggu untuk melakukan sebuah tugas kecil, menuju kota Milano. Tujuanku adalah rumah suster ALI tempat di mana sr Anna tinggal bersama para suster lainnya.  Saya hendak mengunjungi beliau terutama memanfaatkan ‘mumpung’ jarak yang dekat ini. Saya hanya bermodalkan niat untuk berjumpa dengannya, alamat rumahnya dan HP komunitas yang kupegang.

Sesampainya di stasiun, setelah jalan kaki selama sepuluh menit, saya harus berurusan dengan mesin tiket yang kurang saya pahami karena beli tiketnya harus self service: harus utak atik sendiri mesinnya karena di stasiun ini tidak ada petugas yang menjual tiket. Saya sebenarnya belum begitu percaya diri mengoperasikan mesin tiket karena ketika saya bepergian dengan kereta, saya selalu membeli tiket melalui petugas seperti yang terjadi di stasiun kereta di Parma. Saya tidak kehilangan akal dan saya menggunakan jurus tiru. Saya mondar mandir sebentar di sekitar mesin tiket dan ketika datang orang yang beli tiket saya langsung berbaris di belakangnya dan mengintip bagaimana cara dia mengoperasikan mesin. Setelah dia pergi saya mengulangi apa yang telah dibuat dan saya berhasil. Manjur juga jurusnya tapi tidak dapat kusembunyikan rasa gaptekku. Yah…begitulah nasibnya orang kampung!!!!

Setelah turun dari kereta di stasiun Sesto San Giovanni saya menumpang Metropolitana Rossa menuju Duomo dan dari Duomo saya harus mengganti dan menumpang Metropolitana Gialla ke arah Zara. Dari gerbang ini ke rumah sr Anna saya harus berjalan kaki lagi dan sempat juga tersesat sesaat.

Ketika tiba di sana saya kagum melihat rumah mereka yang indah, tipe khas bangunan Italia, berlantai tiga yang dihuni cuma oleh empat suster. Ada banyak kisah yang kami ceritakan tentang Indonesia karena sr Angela telah berkarya di Mentawai selama lebih dari empatpuluh tahun: beliau mengenal banyak pastor-pastor Xaverian dan bercerita banyak tentang mereka. Perjumpaan hangat ini disempurnakan dengan santap siang bersama berupa nasi goreng tambah kerupuk udang racikan sr Anna disertai insalata campur pomodori ala Italia.

Satu jam kemudian bersama sr Anna kami bergegas ke Stasiun Centrale dengan menumpangi bus nomor empatpuluh dua dan dari sana dengan menumpangi Metropolitana Gialla kami menuju ke Duomo di Milano. Kami mengelilingi katedrale yang telah berusia lebih dari seribu tahun dan mengabdikan moment indah ini dengan jepretan kamera miliknya. Rasa haus karena diterpa sinar mentari yang tajam menunutun kami ke gelateria economica di belakang katedrale. Sebelum akhirnya kami berpisah, kami menyempatkan diri masuk toko sport untuk sekedar melihat harga kostum asli Milan o Inter yang harganya hampir sama dengan gaji sebulan seorang pegawai negeri sipil di Jakarta.

Kunjungan persahabatan ini menyisahkan banyak kenangan : kenangan kronologisnya, lo stare insieme (berada/bercertia bersama) juga kesan kagum atau heran atas apa yang kujumpai dalam perjalanan. Salah satunya ialah kesanku berikut ini.

Dalam perjalananku dari gerbang terakhir metropolitana saya mengalami kesulitan untuk menemukan jalan ke rumah suster. Salah satu cara untuk menyelesaikan persoalan ini adalah bertanya kepada orang. Orang pertama yang kujumpai adalah seorang ibu, Italiana, yang sedang passeggiata (berjalan) sambil mendorong bayinya dalam kursi bayi. Saya mendekati beliau dan bilang, “Scusi, posso chiederLe una cosa?”. Dia melihatku dengan tatapan sinis dan dengan terburu-buru dia mendorong lebih cepat bayinya tanpa sekatapun keluar dari mulutnya. Rasa heranku tak dapat kupungkiri dan dengan sedikit rasa sesal saya berhenti untuk menoleh dan mengamati sikap apatis atau takut dari ibu muda ini. Dalam hati saya berujar “Beginilah sikapnya orang yang takut terhadap orang asing. Sebuah rasa takut yang tanpa alasan!”

Sore harinya, ketika saya tiba di komunitas, seorang konfraterku menceritakan kejadian yang dialami oleh ibunya saat bertemu orang asing. Sebuah mobil mewah berhenti pas di depan rumah orang tua dari konfraterku ini. Lalu seorang wanita muda turun dan menghampiri ibu dari konfraterku yang sedang menyapu dalam kintal rumahnya. Si wanita muda ini ingin tahu di mana letak apotek terdekat di situ. Si ibu tentu saja ingin membantu dan mulai menjelaskan arah dan jalan yang harus ditempuh untuk sampai ke apotek. Ketika ibu ini sedang menjelaskan, si wanita muda ini merampas kalung berharga darinya dan kemudian melarikan diri. Ternyata, kedua orang asing ini berpura-pura tanya apotek tapi maksud mereka adalah mencuri.

Kisah ibu dari konfraterku ini membuat saya mengerti kenapa ibu muda yang kutanyai takut sama saya, orang asing ini. Ternyata rasa takutnya cukup beralasan meskipun sebenarnya saya punya niat yang tulus untuk bertanya tentang jalan. Pengalaman ini menyadarkanku akan pentingnya memahami situasi orang lain.








Senin, 31 Agustus 2015

Ketika Syair-syair lagu Indonesia Raya dimerdukan di EXPO Milano 2015

Lebih dari 300 WNI hadir dan ratusan WNA turut menyaksikan upacara penurunan Sang Saka Merah Putih dalam rangka memperingati HUT kemerdekaan RI yang ke 70 yang bertempat di bagian depan dan bagian kanan pavilion Indonesia dalam EXPO MILANO 2015 pada pukul 18.00 waktu Italia. Hadir sebagai inspektur upacara adalah Bpk. Agus Parengkuan, Duta Besar Indonesia untuk Italia. Turut hadir bersama beliau adalah Nyonya Agus Parengkuan, beberapa staf kedutaan besar RI untuk Italia juga beberapa perwakilan dari Artha Graha Network, Artha Graha Peduli, para sponsor yang bekerja keras untuk menyukseskan terbentuknya pavilion Indonesia dalam EXPO kali ini.

Sebelum upacara penurunan bendera dimulai dan dalam ruang yang sempit dan terbatas itu semua WNI yang hadir menyanyikan beberapa lagu kemerdekaan, seperti Maju Tak Gentar, Indonesia Tanah Air Beta, Rayuan Pulau Kelapa, yang tentu saja menarik perhatian para pengunjung EXPO. Suasana menjadi semakin penuh khidmat ketika Sang Saka Merah Putih diturunkan dan syair-syair lagu Indonesia Raya dimerdukan. Di penghujung upacara ini bapak duta besar RI untuk Italia menganugerahkan penghargaan kepada tiga orang Indonesia atas jasa mereka dalam mensosialisasikan budaya Indonesia di Italia di antaranya ke ibu Ina Wahyuningsih, pemrakarsa Yayasan Rela Hati yang berbasis di Parma.

Perlu diberitakan bahwa sebelum dan sesudah acara penurunan bendera ini panitia HUT RI yang ke 70 menyuguhkan/menampilkan beberapa acara khas tanah air yang melibatkan orang Indonesia maupun pengungjung asing yang hadir. Beberapa jam sebelum apel penutupan telah diadadakan beberapa permainan menarik yaitu Lari Karung, Lomba Bakiak, Lari Kelereng, Makan Kerupuk; ditampilkan juga beberapa tarian di antaranya tarian Poco-Poco,tari Remo dari Jawa Timur, Cendrawasih dari Bali dan Kembang Tanjung dari Jawa Barat.

Sedangkan malam harinya, sesudah mencicipi nasi tumpeng gratis yang merupakan nasi tumpeng tertinggi dalam sejarah: terdiri dari delapan tingkat dengan tinggi 2.08 meter, berat 1.400 kg dilengkapi 17 jenis makanan pelengkap dengan 45 tumpeng kecil di sekelilingnya yang melambangkan hari kemerdekaan Indonesia tanggal 17 Agustus tahun 1945, panitia menyuguhkan lagi beberapa acara menarik di antaranya ada Tari Piring, Tari Bajidor Payung dan Jaipongan. Selain itu ada pertunjukkan istimewa dari dua anak bangsa dalam bidang seni lukis dan seni musik: Bapak Fauzan Ja’fan mempertunjukkan keahliannya dalam bidang lukis dengan melukis di atas pasir. Pemusik muda, Iskandar Widjaja, dengan gesekan biolanya berhasil memukau ratusan penonton yang hadir.

Di awal acara malam budaya yang bertemakan “The Marvelous 70” dan bertempat di auditorium EXPO Milano 2015 para hadirin mendedikasikan beberapa menit dalam keheningan untuk memperingati Didi Petet yang telah kembali ke pangkuan Tuhan. Beliau punya jasa yang besar untuk memperjuangkan adanya pavilion Indonesia di EXPO kali ini. Sudah sepantasnya beliau mendapat penghormatan ini terutama atas semangat juangnya untuk memperkenalkan Indonesia di mata dunia meskipun harus diakui adanya ketidakselarasan antara tema umum EXPO dengan hal-hal yang diexpokan dalam pavilion Indonesia.

Milano, Italia

Pandri

Jumat, 31 Juli 2015

Yatim Piatu Yang Punya Orang Tua


“Yatim piatu punya orang tua” merupakan ide dari pastor rektorku, P. Fabrizio T, saat kotbah dalam misa bersama Sahabat-Sahabat Xaverian di Parma (GAMS: Gruppo Amici dei Saveriani), di Santuario St. Guido Maria Conforti, Parma, Kamis, 7 Mei 2015 lalu. Orang tua yatim piatu yang dia maksud bukanlah orang tua angkat melainkan orang tua kandungnya orang yatim piatu sendiri.  Dalam bahasa Italia ide ini dirumuskan dalam bentuk congiuntivo yaitu sebuah syarat (jika atau seandainya) “se non ci fossero stati i suoi genitori un orfanatore non ci sarebbe mai nato.” Maksudnya adalah bahwa dulu dia punya orang tua tetapi orang tuanya itu sudah meninggal semua sehingga si anak menjadi yatim piatu, menjadi sendirian. Jika orang tuanya tidak saling mencintai dan mereka tidak menikah maka si anak ini tidak lahir dan kemudian tidak akan menjadi anak yatim piatu. Lalu, pastor rektorku ini mengungkapkan hal ini saat mengawali kotbahnya tentang pengalaman iman yaitu bagaimana kita mengalami kehadiran-Nya dalam hidup kita: dia mengaitkan pengalaman orang yatim piatu dengan pegalaman iman.

Saya setuju sekali dengan idenya ini dan bagi saya ini merupakan hal yang baru. Saya tidak pernah memikirkan hal serupa sebelumnya. Saya selalu memahami orang yatim piatu sebagai orang yang tidak memiliki orang tua. Ketika mendengar atau membaca ungkapan ‘yatim piatu’ kesan yang muncul merujuk pada orang yang tidak punya orang tua. Penjelasan beliau membantuku untuk memahami secara lain ungkapan ‘orang yatim piatu’.

Lebih lanjut dia menjelaskan bahwa orang yatim piatu bukannya orang yang tidak mempunyai orang tua melainkan orang yang tidak mengalami pengalaman dikasihi oleh orang tuanya sekarang. Waktu seorang anak masih kecil, saat orang tuanya masih hidup, anak ini menerima perhatian dan kasih sayang dari mereka: digendong, ditemani saat mau tidur, diceritakan dongeng kesukaannya, dll. Namun setelah orang tuanya meninggal si anak ini tidak merasakan kasih sayang itu lagi secara fisik, secara nyata. Tapi itu tidak berarti bahwa si anak tidak mempunyai orang tua. Si anak sejak ditinggalkan oleh orang tua kandungnya (karena kematian) jelas tidak merasakan lagi enaknya makanan kesukaan buatan mama atau tidak merasakan bagiamana serunya bermain bola atau layang-layang bersama ayahnya. Ketika si anak  mau digendong ayah atau ibunya, keinginannya itu tidak bisa terpenuhi karena kesempatan itu telah hilang. Jadi, kesempatan untuk bermain bersama ayah atau ibu, kesempatan untuk untuk digendong, dibantu saat mengerjakan PR, didukung saat dalam menghadapi tantangan dll, merupakan pengalaman dan kesempatan yang tidak bisa dirasakan lagi sekarang dari orang tuanya. Tentu saja orang lain—paman, tanta, kakak, adik, nenek-kakek, sahabat—bisa memempati posisi orang tua kandungnya, dalam arti membantu satu dan lain hal, tapi itu tidak mengingkari keberadaan orang tua kandung dalam hidupnya.  Intinya, dalam ungkapan ‘anak yatim piatu’ sebaiknya perlu dipahami sebagai kehilangan kesempatan untuk mendapatkan cinta kasih dan perhatian secara fisik/nyata sekarang dari orang tua karena sekarang mereka telah tiada tetapi tidak berarti menegasikan keberadaan mereka. Pengalaman dikasihi oleh orang tua itu yang hilang tetapi bukan orang tuanya yang sama sekali tidak ada atau tidak pernah eksis. Sebuah pepatah mengatakan ini: ‘seorang guru untuk sejam, seorang maestro untuk sehari, seorang ayah untuk selamanya.’

Pengalaman serupa bisa terjadi dalam hidup iman. Sering mendengar bahwa seseorang mengatakan ‘Saya tidak beriman kepada Tuhan karena Tuhan itu tidak ada.’ Kita tidak bisa menegasikan atau mengingkari hal yang tidak ada. Kita hanya bisa mengingkari hal yang ada. Awalnya hal itu ada atau eksis tapi karena satu dan lain hal hal itu tidak ada, hal itu hilang. Orang tua saya telah tiada karena sebelumnya mereka ada, mereka pernah hidup.

Saya berpikir bahwa orang yang mengatakan bahwa Tuhan tidak ada mungkin merujuk pada pengalaman nyata tentang kehadiran-Nya. Maksudku, mereka tidak lagi merasakan pengalaman dikasihi oleh-Nya sama seperti pengalamannya orang yatim piatu. Tetapi pengalaman kehilangan itu tidak serta merta mengingkari atau menghapus keberadaan Tuhan.

Selasa, 30 Juni 2015

L’uomo africano a partire dalla sua religiosità




Non esiste una religione africana perché ogni tribù ha una sua religiosità particolare diverso dal altro. Ci sono tre tratti comuni per la religiosità africana: l’essere supremo, gli spiriti e gli antenati. Questa religiosità la fa l’uomo e allo stesso tempo la pratica religiosa può rivelare chi sia l’uomo. Questo elaborato è un riassunto a partire da un tema sviluppato in classe durante il corso dell’antropologia culturale africana.

L’essere supremo
L’Essere Supremo è di un Dio purinico, cioè Dio del cielo. Dall’inizio quest’Essere Supremo era vicino all’uomo ma per la causa di una donna L’essere supremo si è allontanato dall’uomo. Da tanti varianti dei miti per spiegare quest’Essere supremo c’è un mito, molto diffuso in Africa, racconta così: dopo che Dio ha creato l’uomo il cielo era molto basso, talmente basso che gli uomini dovevano camminare curvi. Quindi Dio era così vicino all’uomo. In questa realtà o concetto l’uomo per mangiare non aveva bisogno di lavorare perché bastava allungare la mano toccando il cielo c’era già il cibo. Gli uomini si stancavano di mangiare sempre la stessa cosa per cui cercavano qualcosa di diverso per evitare la noia di mangiare lo stesso cibo. Sono andati in savana e hanno trovato dei semi o pianti selvatiche e li hanno presi e piantati. Per piantarli bisognava coltivare la terra ma era faticosa perché il cielo era così basso e la gente doveva lavorare in curvi. Poi c’era una donna che stava lavorando e ad un certo punto quando sollevava il bastone ha dato un colpo al cielo. Lei ha detto a Dio dicendo “Dio, spostati un po’ che mi disturbi!” Dio si è offeso e se ne è andato. Da quel momento o giorno Dio non è più tornato, non è più vicino all’uomo, Dio si è allontanato dall’uomo.

Questo racconto giustifica la lontananza di Dio all’uomo che poi crea una conseguenza cultuale dove ci sono pochi atti di culto che sono rivolti a Dio. Non esistono i templi per questo Dio perché la gente crede “L’Essere Supremo è assolutamente autosufficiente e ininfluenzabile. I suoi disegni e decreti sono stabiliti per sempre e nessuno potrebbe cambiarli o modificarli. Anche la vita morale, religiosa e cultuale dell’uomo non lo tocca[1]. L’africano ritiene che l’Essere Supremo debba essere disturbato il meno possibile con preghiere, ringraziamenti, offerte, richieste di aiuto e certamente mai per piccole cose e piccoli problemi.[2]” Ma il culto più diffuso è quella che si rivolge a intermediari, cioè gli spiriti e gli antenati.

Gli spiriti: rappresentano la forza della natura
Gli spiriti possono essere di varie categorie. Grandi spiriti sono gli spiriti che rappresentano la forza della natura. Abbiamo lo spiriti dell’acqua, della terra e della savana.

Più importante è lo spirito della terra che è considerata come complementare al cielo: è la parte femminile che viene fecondata dall’essere supremo che è il Dio. Quindi abbiamo Dio, la parte maschile, la terra è parte femminile che viene fecondata dalla pioggia. Infatti quando ci sono le prime piogge si dice che Dio si è accoppiato con la terra. È espressione che la pioggia è assimilata simbolicamente allo sperma che feconda la terra facendolo poi germogliare la piante, l’erba e tutto il resto.

Nella loro relazione con la terra, e per coltivare la terra, per usare i frutti della terra, (e vale anche quando si prende i pesci dal fiume o gli animali dalla foresta) ci sono i riti da compiere e questi riti sono legati al ciclo annuale del risveglio della natura e della produzione agricoltura. Cioè questi riti vengono compiuti prima di coltivare o zappare la terra magari anche prima di seminare i semi, anche quando il granaio comincia a maturare e poi quando arriva il tempo del raccolto. Questi riti o sacrifici sono importanti per farsi che la terra non si offenda. Altri motivi generale per cui gli africani fanno il sacrificio e il culto sono il desiderio di unione e l’alleanza con Dio, l’inizio di ogni cosa: “Il senso del culto si fonda sul desiderio di unione con Dio e di vita eterna, di immortalità. L’unione con Dio viene intensificata ogniqualvolta si rinnova il gesto sacrificale. Il frutto del sacrificio, nel caso dell’animale immolato, è condiviso e mangiato da tutti i presenti, poiché, reso sacro, l’animale partecipa della divinità e della vita di Dio, cosicché coloro che mangiano le carni offerte in sacrificio partecipano collettivamente alla vita e alla divinità di Dio. Mediante la partecipazione al sacrificio tutto il popolo riconosce un solo Dio quale sua guida e soprattutto quale fondamento di senso.”[3]  ”…Anche i sacrifici offerti a Dio servono per stringere con Lui un’alleanza, in modo che, dando a Lui le primizie raccolte e immolando l’animale più grasso, Dio perdoni gli atti impuri che qualcuno nella comunità ha commesso.”[4]

I riti più importanti o fondamentali di queste religioni sono gestiti dai sacerdoti della terra. Sono responsabili dei sacrifici e devono permettere all’uomo di coltivare la terra, cioè assicurano che l’Essere Supremo conceda all’uomo a coltivare la terra. Questa figura è importantissima perché in questa cultura c’è ancora la separazione tra ambito profano e sacro: solo il sacerdote può gestire le cose sacre. Il sacerdote fa la divinazione per sapere quale sacrificio deve fare (o una capra o una pecora) e la divinazione gli dirà quale sacrificio deve compiere. Prima che lui compia questo, nessuno può cominciare a coltivare la terra o raccogliere i frutti della terra perché c’è il rischio della morte. Ogni villaggio o clan ha il suo sacerdote della terra che compie questi sacrifici.

I sacrifici del ciclo cultuale sono rivolti a Dio e alla terra; sono loro responsabile della fertilità del suolo. Dio con la pioggia cioè Dio che dà la pioggia e la terra che è il sostrato, questa pioggia rende feconda. Nel sacrificio di solito si offre una birra e un’animale che viene uccisa (pollo, pecora, capra; mucca è per Dio). Quindi possiamo vedere che prima di usufruire la terra e ogni passaggio della crescita agricole ci sono i riti da compiere.

Lo spirito d’acqua
I Masa credono che nell’acqua ci siano due spiriti: un maschio e una femmina. L’acqua è buona ma può essere anche cattiva. La parte buona, la parte femminile, è quella che ti dà il pesce perché lo spirito dell’acqua è Signore del pesce e degli uccelli acquatiche. Però lo spirito dell’acqua può anche ammazzare quando qualcuno muore annegato la gente di questa popolazione percepisce che lo spirito dell’acqua l’ha presa, l’ha fatta morire. La parte buona dello spiriti dell’acqua, la parte femminile, è anche quella che è responsabile della fertilità della donna. Lei che forma il feto nell’utero della donna, che aiuta la donna a portare a termine della gravidanza; per cui le donne del Masa nella luna del febbraio vanno a fare un sacrificio al bordo del fiume. Questo sacrificio ha lo scopo per conservare la loro fertilità. L’acqua è legata alla fertilità delle donne.

Lo spirito della savana
La savana non è un luogo profano ma un luogo sotto la protezione dello spirito che è protettore delle piante e degli animali. Un cacciatore non è che possa andare a cacciare come vuole quanto vuole ma deve stare attento prima ad appropriarsi allo spirito che è il Signore / padrone degli animali, deve rispettare delle regole. Non si può cacciare come vuole ma solo per nutrirsi la sua famiglia. Non può nutrirsi dalla natura come vuole. È evidente che questa religione è una religione ecologica altamente diverso dall’uomo europeo che crede di essere padrone della terra o di quello che la terra produce. Queste popolazione credono che non sono padroni della terra ma possono, appropriandosi prima agli spiriti che ne sono responsabili, può servirsi in modo moderato della natura. Non c’è lo spirito di accumulo, cioè l’uomo può servirsi di quello che gli serve per vivere: non di più; chi prende di più sarà punito. Praticamente tra la terra, quello che c’è sulla terra e quello che nel cielo c’è un equilibrio e l’uomo vive rispettando queste entità. L’uomo non è padrone, l’uomo può servirsi o nutrirsi dalla natura per vivere moderatamente.

Gli antenati
Il culto degli antenati vale diversamente da una zona all’altra. Ci sono alcuni tribù in cui gli antenati sono molto importanti, invece per gli altri non sono importante. In certe popolazione il cranio degli antenati viene conservato in un posto e ogni anno fa un culto particolare per loro. Il ricordo agli antenati si fa dopo la festa del raccolto. I sacrifici fatti per gli antenati “servono per restaurare il rapporto con gli antenati e riparare i danni causati agli altri, per ottenere la benevolenza e la protezione contro gli spiriti cattivi.”[5]

Innanzitutto chi sono gli antenati? “Gli antenati sono viventi di un genere particolare. La morte non ne ha alterato la personalità, la natura; solo il loro modo di vita è cambiato. Abitano nell’altro villaggio, in una condizione privilegiata. Continuano a far parte della comunità dei vivi e ne costituiscono anzi elemento più importante, più prezioso…Sono le vere guide direttive della società. Vivendo più vicino a Dio e restando al tempo stesso in contatto con gli uomini del loro clan, essi hanno un ruolo speciale: soccorrere i vivi e alleviarne le sofferenze. Avendo vissuto personalmente la condizione umana, la conoscono meglio dello stesso Creatore. Ma essi assolvono questi loro compiti solo se vengono fatti oggetti di un culto premuroso e costante da parte dei vivi: offerte di cibo sulle loro tombe, rispetto da parte dei membri del clan, ecc. dimenticare o trascurare gli antenati comporta sempre conseguenze molto gravi sia per il clan in quanto tale che per le singole persone che lo costituiscono.[6]

L’uomo africano è l’uomo relazionale
Credo che l’identità dell’uomo africano si trovi in questa sua relazione con questi ambienti religiosi: con l’Essere Supremo, gli spiriti e gli antenati.  L’uomo africano è l’uomo relazionale e religioso. La sua vita dipende da questa relazione reciproca e ogni uomo è chiamato a prendere cura di questa relazione. Il sacrificio va fatto per mantenere questa relazione e equilibrio. Di più l’uomo africano non pensa di essere padrone della terra ma l’uomo che sa custodire la terra per la sua vita. Cioè l’uomo si nutre della terra per cui si sente la responsabilità di custodirla.

Parma, 28 giugno 2015
Pandri




[1] Romeo Fabbri, Chiama L’africa: La religioni tradizionali africane, Roma, 1997, pg.13.
[2] Ibid, pg.29.
"[3] Martin Nkafu Nkemnkia, IL Pensare Africano Come “Vitalogia”, Città Nuova, Roma, 1995, pg.125-126.
[4] Ibid, pg. 131.
[5] Martin Nkafu Nkemnkia, Il Pensare, pg.116.
[6] Romeo Fabbri, pg.25-26.

Minggu, 31 Mei 2015

Watching ‘Tabula Rasa’ in Milano@




sitting in front of cathedral of milan 
There were almost 150 people, 30 of them Indonesians, watching the Indonesian film Tabula Rasa in the Oberdan Space of the San Fedele Auditorium, Milan, Italy, on May 10.

This was one of the 800 films selected from different continents to be presented and watched during the 25th Festival of African, Asian and Latin-American Cinema held from May 4-10 in Milan.

“Films that Feed” was the title of the festival chosen by the organizer to match the main theme of EXPO 2015 “Feeding the planet, Energy for life”, which is being held until October.

our smile before watching 'tabula rasa'
If the purpose of the expo is “for confronting the issues of agriculture, sustainable development and the struggle to combat hunger for the common good”, the festival’s purpose was to introduce others to how people in certain cultures and circumstances are nurtured.



Tabula Rasa, which is about Padang cuisine, introduces our way of preparing food and feeding ourselves. This film is truly one way of presenting Indonesian cuisine abroad. I appreciated this film and was so glad to watch it because it depicts the ordinary life of our people: food, relationships, friendship and kindness. It represents aspects of our culture.

Before watching this film there was an “Indonesian Happy Hour”, which gave people an opportunity to taste food typical of Indonesia. Indeed, some Indonesians who live in Parma e Milano prepared and presented some of the food.

There was rujak (fruit and vegetable salad), gethuk (dish made from cassava), lumpia (fried spring rolls), pandan cake and wedang jahe (hot ginger drink).

This event was organized by the Rela Hati Indonesian Community of Parma, with the support of the Indonesian Embassy in Rome.


Ferdinandus Supandri
Milan, Italy
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@:  It was published on “Citizen Journalism” of The Jakarta Post, Monday, May 25 2015 without these three pictures. It can be found here:http://www.thejakartapost.com/news/2015/05/25/citizen-journalism-watching-tabula-rasa-milano.html 

Rabu, 29 April 2015

Il mondo dei giovani è l’avventura





 “Abitare il mondo” è stato il tema dell’incontro con i giovani dell’Emilia Romagna fatto a Modena nel centro della Famiglia di Nazareth, domenica 19 aprile 2015. L’incontro è stato organizzato dai CMD (Centro Missionario Diocesano) dell’Emilia Romagna per i giovani che hanno vissuto esperienza in missione e per quelli che partiranno quest’estate. C’erano quasi 150 persone tra cui c’ero anch’io.

È stata un’occasione per incontrarsi, stare insieme e confrontarsi: che cosa significa ‘Abitare il mondo’? I giovani sono entrati proprio dentro se stessi a chiedersi o interrogarsi o confrontarsi sulla propria scelta, a partire dalle testimonianze di tre persone che hanno cercato davvero di “abitare” contesti particolari.

La prima testimonianza è stata di mons. Giorgio Biguzzi, missionario Saveriano e vescovo emerito di Makeni-Sierra Leone. Egli ha raccontato la sua esperienza missionaria innanzitutto facendosi pastore di una comunità locale perché vivesse alla logica del vangelo, costruendo un dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani in Sierra Leone, e anche aiutando a liberare i bambini-soldati dalla guerra e a reinserirli nella comunità. Il suo abitare il mondo si esprime nel costruire una comunità veramente cristiana e nel promuovere la pace nella sua gente.

La seconda testimonianza è stata portata da una giovani coppia dell’operazione colomba-campi profughi in Libano. Hanno testimoniato l’esperienza vissuta insieme ai profughi in Libano. La loro presenza in quel paese non era tanto il fare qualcosa o pretendere di poter risolvere il problema dei profughi ma quanto piuttosto lo stare insieme con loro condividendo la fatica e la gioia della vita. Essa riteneva che questo stare insieme fosse sempre un momento giusto per capire la realtà e allo stesso tempo fosse un momento di apertura alla novità. Questa coppia ci raccontava o notava quanto la paura di essere minoranza nella propria patria diventasse un ostacolo grande nell’accogliere i numerosi profughi fuggiti dalla guerra. La fatica o difficoltà più grossa era quella dei profughi, poiché fuggire significava perdere tutto: la cultura, la famiglia, il sostegno della vita. Arrivati nei campi dei profughi, si sentivano stranieri, soli, senza speranza. Queste due persone, sperimentando tutto questo, davvero si sentivano interrogate al proprio modo di essere prossimi agli altri. Ritenevano che lo stare insieme in questa realtà potesse essere una luce o potesse suggerire la speranza per i profughi. Nonostante tutto, c’era sempre qualcosa da imparare: per esempio, nella loro difficoltà tra i profughi sconosciuti c’era anche la carità fraterna. Questo si attuava quando arrivava una famiglia che aveva perso tutto; tra i profughi si mettevano d’accordo per fare una colletta per questa famiglia. “Vedere questo era una cosa commovente!” affermò questa coppia. “Abitare il mondo” per loro è diventato lo stare insieme con gli altri condividendo la vita come è veramente.

La terza testimonianza è stata fatta da una signora reggiana che, con la sua comunità, si occupa delle ragazze prostitute. Essa e insieme con i suoi vanno spesso a trovare queste ragazze che stanno sulla strada quasi tutta la notte fino al mattino alle cinque aspettando i clienti. Quello che fanno non è una cosa straordinaria. Questa comunità parlando con loro e facendo capire che, se spesso sono ritenute un po’ negativa dalla società, in realtà esse sono persone umane con la loro dignità. La loro motivazione è per far capire che essa è una persona umana, una persona importante, come gli altri, che ha bisogno di essere accolta, ascoltata e rispettata. Oltre a questa motivazione, soprattutto quando la relazione e la fiducia comincia ad esistere, questa comunità invita queste ragazze a fare un incontro col vangelo e a pregare insieme.  

Partecipando e ascoltando questi racconti, mi sono chiesto quale sia il mio modo di “abitare il mondo.” Prima di tutto ero stupito di fronte a questo tipo di incontro: pensavo che il motivo per cui Centro Missionario Diocesano ha proposto questo incontro fosse un motivo formativo: cioè formare e orientare i ragazzi alla loro scelta, perché a loro volta potessero costruire un mondo “insieme” agli altri. Cioè aiutare i giovani ad aprire un orizzonte più ampio in tutti sensi: ecclesiale, culturale, sociale, umano, politico, eccetera; perché sentano la loro responsabilità di costruire un mondo vivibile per tutti. È anche vero che trovare la realtà così complessa come è porta una conseguenza sul piano esistenziale: perché a volte questa realtà ci mette in crisi, ci chiede un cambiamento e una purificazione, ma può darsi anche che questa realtà dia un orientamento nuovo nell’agire. Mi sembra che in fondo ci sia anche la preoccupazione di non lasciare rimanere i giovani in un mondo solamente virtuale-tecnologico, chiuso. Il mondo dei giovani è l’avventura, la scoperta di se stessi e dell’altro. Questo tipo di incontro per loro ha un valore direttivo, cioè dirigerli ad un’avventura, o a una scoperta, significativa per la loro crescita sia personale sia comunitaria.

Per me “abitare il mondo” non è solo esistere nel mondo nemmeno sfruttare il mondo. Innanzitutto questo incontro mi ha convinto di una cosa: devo prendermi cura del mondo. Cioè il mio modo di agire contribuisce al miglioramento e al peggioramento del mondo. Un esempio banale è questo: a Jakarta quasi ogni anno c’è l’inondazione. La causa di questo problema è la cattiva abitudine degli abitanti di Jakarta di buttare ovunque la spazzatura e anche nei fiumi. Quando arriva la pioggia il volume d’acqua aumenta, ma quest’acqua non corre bene al suo destino perché le spazzature la frenano, per cui l’acqua esce fuori dal suo alveo o il fiume esonda e allaga la pianura. Contribuisce anche io insieme agli altri a causare quest’inondazione. Quindi questo modo di agire o di vivere influenza molto il bene comune nel mondo. Cambiare questo modo di vivere è anche un modo concreto per abitare il mondo. Il che comprende il cambiamento di vedere il mondo, la terra, la cultura, le altre persone diverse da noi, eccetera.

A questo punto vale la pena citare le parole di Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, “Amiamo questo magnifico pianeta dove Dio ci ha posto, e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità. La terra è la nostra casa comune e tutti siamo fratelli.” Se avessimo un’idea simile a quella del papa, il nostro mondo diventerebbe un mondo vivibile.


Selasa, 31 Maret 2015

With A Young Girl


It was Saturday, 28 February 2015. There was a catechism lesson for children who are preparing
for their first communion. When the lesson was over, my fellow catechist asked me, “Pandri, do you read the gospel every day?” “Yes, of course, I do,” I replied telling her about our daily life as seminarians, who train themselves to live according to the life of Jesus Christ found in his gospel. I told her that our life has to be formed by the gospel of Jesus Christ and because of that there are times, personal and common, we dedicate to read and meditate the gospel every day.
 
Listening to my explanation, she asked me to read the gospel. “Are you sure?” I asked her with amazement. “Yes, I’m sure. I’m serious,” she answered me and then she took out her bible from her bag with the liturgical calendar which she had prepared before.

I was surprised by her question and invitation because it was the first time, since my coming to Italy in September 2012, I had to face a young girl who asked me courageously like this. I was surprised thinking that she asked me just to know how I spend my life as a consecrated man who wants to live according to the need of the gospel and how we live in a religious community. After all she caught me by surprise ass I realized that she was asking me to read the gospel at that very moment. 

Truly, I found myself in the middle of mixed feelings: between sure or not sure; amazement and upset; believing or not believing. I accepted her invitation with these feelings because there was no other reason to avoid it.

We stayed there for reading the gospel reading of that day and also for the day after and making some important notes for our life. She brought some words or phrases she liked commenting it; I brought some and made some of notes. We spent almost twenty-five minutes and at the end of this moment, she told me that every day she tries to read the gospel.

Doing this surely I was surprised because I usually think in my own way on what they might to be.  I suppose that the youth is the moment for studying for their future, working, creating the friendship and falling in love, expressing their liberty. They are so concentrated in doing these things, I suppose that there is no sufficient time for establishing the intensive spiritual life. My amazement was influenced also by my old prejudice: I used to think that the youth in the west was not interesting to know the gospel. I used to hear some stories telling me that in Europe there were no youth who entered in church. Listening to this story I asked myself, “What will happen with the Catholicism If there are no young girls and men in the church? Who will be the future of the church? ”

Reading gospel and sharing the experience of faith with this young girl offers and convinces me one thing that what I have thought was not wholly true. I have not only to change my way of thinking them or to eliminate my old prejudice but also I have to see the continuation or the future of the church in their eyes and on their shoulders. Indeed, there were and there are also young man and girls who dedicate themselves for the sake of Christ dedicating their life for others. This young girl dedicates some of her times to help children in their way for the first communion. Some others dedicate themselves  and their time for doing other things.

There are many examples to justify their presence in continuing to realize the will of God where they are. I remember the experience I have had when I went in Lourdes, France, two years ago. There were many young girls and man who came there to assist the sick people. In every summer time in Italy, for example, there are many youth camp prepared /organized by every diocese or by some religious congregation for establishing and providing them the opportunity to know and to profound the  Christian faith and life where there are many young girls and man who participate and some among them are the animators for their fellow youth. In the diocese of Parma in particular during the advent and the lent, there is a weekly meeting usually called “martedi del vescovo“ (the thursday of bishop). It is a moment in which the bishop prepares his believers (the youth) for the next celebrating of Christmas and the paschal mystery of Christ doing the catechism or profounding some decisive themes. There are numerous participants in this event. It is an interesting thing to valuate positively their participation.

With this situation there is no need to be pessimistic for the future of the church. There are them now and then. For their future and especially for their faith beside the work of the Holy Spirit in fulfilling and increasing their faith, they need to be accompanied by the right example and testimony of the elders in faith. I think that they need our trust. This trust we can provide by living the Christian faith and life appropriately. It means that we have to show that following Jesus Christ is livable, that that way makes our life fully and meaningful. I mean that the way of Jesus Christ has chosen is the way that permits them to know God who loves them unconditionally and to love themselves, to live their life responsibly, joyfully and fully. They need to know and to embrace that their of self-realization (spiritually, relationally, socially, psychologically, ect) finds its source and its final end in Jesus Christ. They are searching for this conviction for their faith. It is true that this conviction is in Jesus Christ found in his gospel. But it is also true that our way of life of faith influences their conviction or their decision. It is our responsibility to make this comes true.

Finally I’m so grateful having this opportunity or possibility to know the reality of the church outside of my own reality in Indonesia. I mean that the way in which the Italians express their faith, in some ways, is different from ours in Indonesia. This positive diversity gives some kind of example on how we would follow each other or on how we establish our church. One example is the way the bishop relates himself with his young faithful accompanying them to Jesus’s way. In participating the ‘martedi del vescovo’, there is a dream I usually think and hope for that some day the Indonesian church specially our bishops follow this steps in forming well his youth for the future of the church. This need is urgently important because so far, in Indonesia, it seems that there is a lack of catechism for the youth.  It seems that the accompaniment after the receiving the sacraments of the initiation is so little. I think that it is not enough listening to the homilies every Sunday mass for nourishing the faith. It is not to be easily satisfied seeing so many people in church or seeing a great need to receive the sacraments or seeing that there are many young men/girls in every church. It is not enough. Therefore there has a need to do more to correspond our life according to life of Jesus Christ.