Rabu, 29 April 2015

Il mondo dei giovani è l’avventura





 “Abitare il mondo” è stato il tema dell’incontro con i giovani dell’Emilia Romagna fatto a Modena nel centro della Famiglia di Nazareth, domenica 19 aprile 2015. L’incontro è stato organizzato dai CMD (Centro Missionario Diocesano) dell’Emilia Romagna per i giovani che hanno vissuto esperienza in missione e per quelli che partiranno quest’estate. C’erano quasi 150 persone tra cui c’ero anch’io.

È stata un’occasione per incontrarsi, stare insieme e confrontarsi: che cosa significa ‘Abitare il mondo’? I giovani sono entrati proprio dentro se stessi a chiedersi o interrogarsi o confrontarsi sulla propria scelta, a partire dalle testimonianze di tre persone che hanno cercato davvero di “abitare” contesti particolari.

La prima testimonianza è stata di mons. Giorgio Biguzzi, missionario Saveriano e vescovo emerito di Makeni-Sierra Leone. Egli ha raccontato la sua esperienza missionaria innanzitutto facendosi pastore di una comunità locale perché vivesse alla logica del vangelo, costruendo un dialogo interreligioso tra cristiani e musulmani in Sierra Leone, e anche aiutando a liberare i bambini-soldati dalla guerra e a reinserirli nella comunità. Il suo abitare il mondo si esprime nel costruire una comunità veramente cristiana e nel promuovere la pace nella sua gente.

La seconda testimonianza è stata portata da una giovani coppia dell’operazione colomba-campi profughi in Libano. Hanno testimoniato l’esperienza vissuta insieme ai profughi in Libano. La loro presenza in quel paese non era tanto il fare qualcosa o pretendere di poter risolvere il problema dei profughi ma quanto piuttosto lo stare insieme con loro condividendo la fatica e la gioia della vita. Essa riteneva che questo stare insieme fosse sempre un momento giusto per capire la realtà e allo stesso tempo fosse un momento di apertura alla novità. Questa coppia ci raccontava o notava quanto la paura di essere minoranza nella propria patria diventasse un ostacolo grande nell’accogliere i numerosi profughi fuggiti dalla guerra. La fatica o difficoltà più grossa era quella dei profughi, poiché fuggire significava perdere tutto: la cultura, la famiglia, il sostegno della vita. Arrivati nei campi dei profughi, si sentivano stranieri, soli, senza speranza. Queste due persone, sperimentando tutto questo, davvero si sentivano interrogate al proprio modo di essere prossimi agli altri. Ritenevano che lo stare insieme in questa realtà potesse essere una luce o potesse suggerire la speranza per i profughi. Nonostante tutto, c’era sempre qualcosa da imparare: per esempio, nella loro difficoltà tra i profughi sconosciuti c’era anche la carità fraterna. Questo si attuava quando arrivava una famiglia che aveva perso tutto; tra i profughi si mettevano d’accordo per fare una colletta per questa famiglia. “Vedere questo era una cosa commovente!” affermò questa coppia. “Abitare il mondo” per loro è diventato lo stare insieme con gli altri condividendo la vita come è veramente.

La terza testimonianza è stata fatta da una signora reggiana che, con la sua comunità, si occupa delle ragazze prostitute. Essa e insieme con i suoi vanno spesso a trovare queste ragazze che stanno sulla strada quasi tutta la notte fino al mattino alle cinque aspettando i clienti. Quello che fanno non è una cosa straordinaria. Questa comunità parlando con loro e facendo capire che, se spesso sono ritenute un po’ negativa dalla società, in realtà esse sono persone umane con la loro dignità. La loro motivazione è per far capire che essa è una persona umana, una persona importante, come gli altri, che ha bisogno di essere accolta, ascoltata e rispettata. Oltre a questa motivazione, soprattutto quando la relazione e la fiducia comincia ad esistere, questa comunità invita queste ragazze a fare un incontro col vangelo e a pregare insieme.  

Partecipando e ascoltando questi racconti, mi sono chiesto quale sia il mio modo di “abitare il mondo.” Prima di tutto ero stupito di fronte a questo tipo di incontro: pensavo che il motivo per cui Centro Missionario Diocesano ha proposto questo incontro fosse un motivo formativo: cioè formare e orientare i ragazzi alla loro scelta, perché a loro volta potessero costruire un mondo “insieme” agli altri. Cioè aiutare i giovani ad aprire un orizzonte più ampio in tutti sensi: ecclesiale, culturale, sociale, umano, politico, eccetera; perché sentano la loro responsabilità di costruire un mondo vivibile per tutti. È anche vero che trovare la realtà così complessa come è porta una conseguenza sul piano esistenziale: perché a volte questa realtà ci mette in crisi, ci chiede un cambiamento e una purificazione, ma può darsi anche che questa realtà dia un orientamento nuovo nell’agire. Mi sembra che in fondo ci sia anche la preoccupazione di non lasciare rimanere i giovani in un mondo solamente virtuale-tecnologico, chiuso. Il mondo dei giovani è l’avventura, la scoperta di se stessi e dell’altro. Questo tipo di incontro per loro ha un valore direttivo, cioè dirigerli ad un’avventura, o a una scoperta, significativa per la loro crescita sia personale sia comunitaria.

Per me “abitare il mondo” non è solo esistere nel mondo nemmeno sfruttare il mondo. Innanzitutto questo incontro mi ha convinto di una cosa: devo prendermi cura del mondo. Cioè il mio modo di agire contribuisce al miglioramento e al peggioramento del mondo. Un esempio banale è questo: a Jakarta quasi ogni anno c’è l’inondazione. La causa di questo problema è la cattiva abitudine degli abitanti di Jakarta di buttare ovunque la spazzatura e anche nei fiumi. Quando arriva la pioggia il volume d’acqua aumenta, ma quest’acqua non corre bene al suo destino perché le spazzature la frenano, per cui l’acqua esce fuori dal suo alveo o il fiume esonda e allaga la pianura. Contribuisce anche io insieme agli altri a causare quest’inondazione. Quindi questo modo di agire o di vivere influenza molto il bene comune nel mondo. Cambiare questo modo di vivere è anche un modo concreto per abitare il mondo. Il che comprende il cambiamento di vedere il mondo, la terra, la cultura, le altre persone diverse da noi, eccetera.

A questo punto vale la pena citare le parole di Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium, “Amiamo questo magnifico pianeta dove Dio ci ha posto, e amiamo l’umanità che lo abita, con tutti i suoi drammi e le sue stanchezze, con i suoi aneliti e le sue speranze, con i suoi valori e le sue fragilità. La terra è la nostra casa comune e tutti siamo fratelli.” Se avessimo un’idea simile a quella del papa, il nostro mondo diventerebbe un mondo vivibile.


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