Sabtu, 31 Mei 2014

IL LAGO ARDENTE “Sano Nggoang”



Il mio paese si chiama Nunang e si trova nella regione di Manggarai Barat dell’isola di Flores. Dal centro/cuore regione, Labuan Bajo, ci vogliono 2 o 3 ore per raggiungerlo usando i mezzi pubblici. Dieci anni fa era difficile raggiungerlo soprattutto nella stagione delle piogge perché la strada era ancora non asfaltata. La gente doveva andare a piedi al centro del comune dove si teneva il mercato settimanale per vendere e comperare qualche cosa per la famiglia: si dovevano portare per mano le cose da vendere sulle spalle o una cesta da porre sul capo anche quando si tornava dal mercato con le cose comperate.

Adesso la situazione è un po’ diversa: la strada è stata asfaltata e quindi le macchine possono percorerla ogni giorno. Quindi la gente può andare e tornare dal mercato facilmente prendendo l’”oto” (l’autobus in Italia).


Proprio nel centro del paese c’è un lago che chiamiamo Sano Nggoang cioè “Lago Ardente”. È un bellissimo lago. Oltre Nunang, ci sono due villaggi che stanno proprio attorno al lago. Dietro questi villaggi e anche attorno al lago c’è una collina di quasi 200 metri di altezza più o meno come la panorama che si gode dal lago di Molveno. Se si vede da lontano, il mio paese appare come una foresta. Quindi abbiamo ancora l’aria fresca e pura rispetto all’aria che si respira in città.  Basta andare 15-20 metri dal centro del villaggio e si possono ascoltare tante voci di uccelli diversi. Mentre la gente in città va a lavorare ascoltando la musica dal MP3 o dal celulare con le cuffie alle orecchi e la gente del mio paese non bisogno così neanche non sa che cosa siano le cuffie o chi sia il cantante più famoso a livello nazionale: un contadino andando e tornando dal campo ascolta sempre le voci di uccelli e sa distinguere un uccello da un altro. Anche andando da un villaggio all’altro la gente deve passare quasi sotto un foresta ascoltando gli uccelli che cantano.

Ci sono tante cose da scrivere e da condividere dal mio paese, ma adesso mi limito a raccontare la leggenda del Sano Nggoang che la gente è orgogliosa di averla.
Tanti anni fa in un paese piccolo vivevano due uomini, uno era cieco e un altro era paralitico: entrambi vivevano isolati dalla gente comune in due case diverse, non molte lontana ma cosi ché si potevano scambiare le notizie e altre cose quotidiane. Quando uno voleva comunicare o chiedere qualche cosa, bastava gridare e l’altro poteva ascoltare e capire bene. Avevano in comune un cane fedele che era abituato ad andare sia a casa del cieco sia a casa del paralitico. Il cane si chiamava Lawe.

Un giorno il cieco ebbe fame perché non aveva il fuoco per cucinare i cibi, allor cominciò a gridare dicendo: “Signore paralitico, potresti darmi il tuo fuoco? Ho fame e ho le patate da cucinare, però ho la legna e ma non il fuoco.” “Si, ce l’ho. Ti aiuterei volentieri, ma come faccio: lo sai che io non posso venire da te,” disse il paralitico. Il cieco gridava, gridava piangendo e chiedendo aiuto: passò quasi tutta la giornata senza mangiare nulla.

Il paralitico poi trovò una soluzione che avrebbe potuto aiutare o per portare il fuoco al suo amico. Chiamò il cieco comunicando così la sua idea, “Caro signor cieco, ho una soluzione per aiutarti. C’è Lawe a casa mia: penso di legare un legno accesso alla coda di Lawe il quale lo porterà a te. C’è una cosa però che tu devi fare perché Lawe possa venire da te.” Sentendo questa comunicazione il cieco cominciò a sperare e gli chiese: “Che cosa devo fare?” “Tu dovresti chiamare Lawe da casa tua continuamente affinché esso possa venire da te,” disse il paralitico. “Va bene, sono d’accordo con te. Quindi fammi sapere quando Lawe è gia pronto.” “Va bene, ti prometto di dire quando sono pronto,” rispose il paralitico. Poi paralitico iniziò a lavorare. Prese un legno accesso, lo legò alla coda di Lawe, e dopo aver fatto così il paralitico gridò al cieco di chiamare Lawe.

Udendo il suo nome, Lawe cominciò a muoversi, alzò la coda finché il fuoco toccò il suo corpo e cominciò a bruciare il suo pelo. Lawe iniziò a urlare, muovendosi qua e là per liberarsi dal fuoco, ma non riusciva. Sentendo e vedendo l’urlo di Lawe il paralitico e il cieco scoppiarono a ridere crepapelle come se quello fosse un spettacolo meraviglioso.

Lawe non andò a casa del cieco ma continuava a cercare di liberarsi. All’improvviso in quel momento si levò un forte vento forte e una voce gridò chiamando, “Cieco! Paralitico! Dove siete?” Sentendo così essi cominciarono a tremare ed avere paura. Quella voce pian pianino si avvicinò a casa del paralitico: era la voce di un vecchio con i capelli lunghi e la barba bianca lunga che entrò nella casa di paralitico. nella mano destra aveva una lancia. Nessuno di loro sapeva da dove venisse quest’uomo strano: che a loro chiese, “Che cosa volete mangiare: il riso o ‘il risobianco’ (bubur)?” “Vogliamo mangiare il ‘risobianco’,” disse il paralitico. Il vecchio subito piantò la lancia per terra e subito sgorgò acqua caldissima fino a riempire le case del cieco e del paralitico e anche tutto il paese interno. Il vecchio sparì e questi due uomini morirono perché nessuno venne ad aiutarli: e il luogo dove abitavano divenne un lago grande e largo.


A fianco del lago c’era un piccolo paese che si chiamava Nggoang (sarebbe ardente in Italiano) dove abitava un rappresentante del re Manggarai che occupava la parte occidentale del regno, questo rappresentante del re si chiamava Gelarang. Gelarang e le sue moglie di solito facevano il bagno nel lago. Una volta all’anno, di solito in un venerdì sera del mese di gennaio o febbraio, Gelarang e la sua moglie preferita andavano a fare un giro sul lago per acquistare la sognata capacità magica. Prendevano un serpente grande (ular naga) come mezzo di trasporto perché credevano che il serpente avesse qualche magia potente e solo Gelarang poteva addomesticarlo. Sulla testa del serpente ardeva un fuoco che illuminava la direzione del loro viaggio: dalla coda del serpente uscivano liquidi velenosi perché servivano a difendersi dai nemici o dai altri pericoli. Il giro si faceva alla sera e quindi la gente, dai confini del lago, poteva osservare il fuoco ardente sul capo del serpente come segno che Gelarang e sua moglie stavano facendo un giro ritualistico. 

Da allora sì cominciò a chiamare questo lago Sano Nggoang (Il lago ardente). Le acque di questo lago sono sulfuree e perciò non vi si può pescare ogni genere di pesci: solo granchi e anatre possono viverci. Ciononostante il lago è una attrazione turistica per la sua bellezza naturale, ma forse anche per il fascino della la leggenda che lo circonda.


Parma, 31 Maggio 2014
Yanto