Senin, 21 Juli 2014

La missione; è il tempo di scegliere e di condividere…




“La missione; è il tempo di scegliere” è stato il tema del campo giovanissimi condotto dai Missionari Saveriani, Saveriane e Laici Saveriani rivolto o coinvolto con i giovani di qualche parrocchia nella città di Salerno (26-30 giugno 2014) e anche in un secondo momento con i giovani delle parrocchie di Campigliano, Filetta, San Cipriano e Castigliano (1-5 luglio 2014). I ragazzi partecipanti da questo campo erano quasi cento quarantina.

Questo tema veniva sviluppato/approfondito con i ragazzi nei momenti della formazione. Un animatore spiegava quale è l’importanza di fare le scelte della vita; in quale condizione si può scegliere; quali siano le scelte importanti della vita. Lo scopo di questo tema era mostrare che la vita è una scelta o è fatta di scelte. Nella vita non si può fare a meno di una scelta, quindi la scelta fa parte del mio essere umano. Quindi l’importanza del tema è ribadire proprio che la scelta non è fatta solo una volta nella vita, ma deve essere continuata, ripensata, ect… Facendo così si sperava che i ragazzi potessero essere consapevoli fin dalla loro giovinezza dell’importanza di fare la scelta della propria vita e potessero esercitarla responsabilmente e consapevolmente.


Oltre al momento della formazione o dell’approfondimento del tema, la giornata del campo cominciava con la preghiera. In seguito c’erano i momenti della formazione e del raccolto degli indumenti. I ragazzi andavano nei palazzi della gente a chiedere o a raccogliere i vestiti usati. Dopo il pranzo facevano i laboratori e poi finivano con qualche gioco divertente. Alla sera prima della cena c’era un momento di preghiera facendo la lectio divina/l’adorazione eucaristia/la confessione. La giornata terminava con la serata musicale danzando e facendo il karaoke insieme.

È stato un campo pieno di storia e di gioia a cui ho partecipato. Sarebbe stato un peccato grave se lo lasciassi perdere senza nessuna traccia. Vorrei tenerlo vivo e presente ricordandolo e scrivendolo perché i ragazzi mi hanno insegnato molte cose; è proprio il motivo centrale di questo piccolo racconto.

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È stato il primo campo a cui ho partecipato a Salerno da quando sono in Italia. Quindi è stata la prima volta che ho incontrato questi ragazzi così bravi, accoglienti, calorosi, stupendi e vivaci passando insieme momenti di scherzi, battuti e giochi.


È stato un campo di scoperte da quello che pensavo per il fatto che sono rimasto stupito vedendo il loro entusiasmo a partecipare agli incontri di formazione e anche nelle raccolto degli indumenti. Quando è arrivato il tempo della serietà e del lavoro, erano molto seri a fare le cose: nei momenti di divertimento, del gioco o della festa si sono tutti divertiti. Durante i momenti delle preghiere sono stati proprio bravi nel senso che si sono coinvolti attivamente. Se nel momento della formazione o del lavoro alcuni facevano casini o le brutte figure, nel momento di preghiera non era così; invece hanno pregato e si sono confessati. Ero rimasto meravigliato a vedere un giovane confessarsi per più di dieci minuti, adorare Gesù nell’eucaristia in silenzio per un’ora. Ero impressionato vedere tutte queste cose perché pensavo che i ragazzi dell’occidente non si interessassero più alle cose liturgiche, alle cose delle chiese. Invece a Salerno non è così. È diverso.


Questa realtà mi ha spinto a cambiare il mio modo di pensare e giudicare dalle informazioni o storie ricevute. Quando ero ancora nel mio paese sentivo spesso i racconti che dicevano: che tante chiese in Italia ed in Europa in generale, erano vuote perché la gente non le frequentava più; che solo i vecchietti partecipavano ad iniziative spirituali mentre i giovani si allontanavano dalle chiese e dalla vita cristiana, quindi difficilmente si trovava un giovane in chiesa. Ascoltando questi racconti credevo che fossero veri e che in occidente i giovani si ritirassero dalle pratiche sacramentali. Invece in realtà non è così tanto al cento per cento, perché ci sono ancora i giovani credenti che frequentano le messe, che vivono cristianamente la loro vita quotidiana. Questo campo e questo incontro con questi giovani entusiastici mi ha assicurato e convinto che la chiesa sta facendo la sua missione. Penso che questa sia una speranza viva e vera che non possiamo lasciar perdere. Per farla vivere sempre ha bisogno di un aiuto urgente cioè ha bisogno di una vita esemplare assicurandoli che la strada che stanno percorrendo sia una strada giusta verso una vita matura, alla libertà vera, all’amore autentico andando verso Gesù. Quindi questi giovani hanno bisogno delle persone capaci di accompagnarli a fare la scelta giusta e vera. Il campo estivo è un tipo di accompagnamento per quell’esito.


Missione è qualcosa da condividere…

Pensando un po’ al tema scelto “Missione, è un tempo di scegliere” credo che non sia stato un tema utopico che i giovani devono prendere in futuro, che devono scegliere magari al prossimo mese o anno. Durante il campo questo tema è stato già vissuto e realizzato nel decidere /scegliere / condividere, a lavorare e a stare insieme i ragazzi dalle parrocchie, scuole e paese diverse, partecipando al campo.


Vorrei sottolineare solo un atteggiamento che secondo me possa essere un esempio vissuto/concreto delle tante scelte che vengono fatte dai ragazzi. È la condivisione che nel campo era evidente nel dare e mettere il panino da mangiare. Questo atto sicuramente veniva inculcato/proposto dagli animatori come una condizione che dovevano realizzare. Nonostante ciò aveva un valore importantissima educandoli e invitandoli a non pensare al loro bisogno personale ma anche a pensare ai bisogni degli altri. In realtà questa richiesta veniva accolta entusiasticamente da parte loro nonostante non tutti facevano così, ma erano pochi.  

Un momento interessante da ricordare era quello di prendere il panino dalla propria borsa e poi metterlo su una tavola comune. Per me questo era un gesto di condivisione e di fiducia.

Era un gesto di condivisione perché ognuno ha preso e ha dato da quello che aveva; voleva dare e condividere con gli altri il suo bene per il bene degli altri. Era proprio un atto tipicamente cristiano in cui ognuno si sentiva responsabile non solo di se stesso ma anche si sentiva responsabile degli altri. A questo punto posso dire che un atto di condivisione è un atto di prendersi cura vicendevole; è un atto di corresponsabilità. Sarebbe stato utile e significativo se nel campo questo valore o virtù venisse spiegato di più perché i ragazzi potessero essere consapevoli della sua importanza.


Condividere era anche un atto di fiducia. Io davo il mio contributo credendo che non mi mancasse nulla e perché gli altri facessero lo stesso gesto. Magari i ragazzi non sapevano/non si rendevano conto che dando un panino o condividendo la storia della loro vita agli altri fosse un segno positivo che parla di se stesa che è aperta, che è disponibile a affidare la sua vita agli altri. Da lì nasce l’amicizia che senza la fiducia è impossibile essere amico di qualcun’altro oppure da lì può darsi nasca la fede.

Ero e sono contento vedendo che i ragazzi facevano così perché era un segno positivo, un segno di ricchezza che avevano. Perciò dovrebbero riconoscerla, accoglierla questa ricchezza facendo proprio un tesoro loro non per tenerlo in sé ma per coltivarlo finché cresca e porti le frutte abbondanti. Da parte mia vedendo la loro generosità e disponibilità sentivo che suscitavano in me la voglia di fare la stessa cosa, di imitare e di imparare. 
Grazie di cuore!


Parma, 11 luglio 2014
Pandri


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