Questo tema veniva sviluppato/approfondito con i ragazzi nei momenti
della formazione. Un animatore spiegava quale è l’importanza di fare le scelte
della vita; in quale condizione si può scegliere; quali siano le scelte importanti
della vita. Lo scopo di questo tema era mostrare che la vita è una scelta o è
fatta di scelte. Nella vita non si può fare a meno di una scelta, quindi la
scelta fa parte del mio essere umano. Quindi l’importanza del tema è ribadire
proprio che la scelta non è fatta solo una volta nella vita, ma deve essere
continuata, ripensata, ect… Facendo così si sperava che i ragazzi potessero
essere consapevoli fin dalla loro giovinezza dell’importanza di fare la scelta
della propria vita e potessero esercitarla responsabilmente e consapevolmente.
Oltre al momento della formazione o dell’approfondimento del tema, la
giornata del campo cominciava con la preghiera. In seguito c’erano i momenti
della formazione e del raccolto degli indumenti. I ragazzi andavano nei palazzi
della gente a chiedere o a raccogliere i vestiti usati. Dopo il pranzo facevano
i laboratori e poi finivano con qualche gioco divertente. Alla sera prima della
cena c’era un momento di preghiera facendo la lectio divina/l’adorazione
eucaristia/la confessione. La giornata terminava con la serata musicale
danzando e facendo il karaoke insieme.
È stato un campo pieno di
storia e di gioia a cui ho partecipato. Sarebbe stato un peccato grave se lo
lasciassi perdere senza nessuna traccia. Vorrei tenerlo vivo e presente
ricordandolo e scrivendolo perché i ragazzi mi hanno insegnato molte cose; è
proprio il motivo centrale di questo piccolo racconto.
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È stato il primo campo a cui ho partecipato a Salerno da quando sono in
Italia. Quindi è stata la prima volta che ho incontrato questi ragazzi così
bravi, accoglienti, calorosi, stupendi e vivaci passando insieme momenti di scherzi,
battuti e giochi.
È stato un campo di scoperte da quello che pensavo per il fatto che
sono rimasto stupito vedendo il loro entusiasmo a partecipare agli incontri di
formazione e anche nelle raccolto degli indumenti. Quando è arrivato il tempo
della serietà e del lavoro, erano molto seri a fare le cose: nei momenti di
divertimento, del gioco o della festa si sono tutti divertiti. Durante i
momenti delle preghiere sono stati proprio bravi nel senso che si sono
coinvolti attivamente. Se nel momento della formazione o del lavoro alcuni
facevano casini o le brutte figure, nel momento di preghiera non era così;
invece hanno pregato e si sono confessati. Ero rimasto meravigliato a vedere un
giovane confessarsi per più di dieci minuti, adorare Gesù nell’eucaristia in
silenzio per un’ora. Ero impressionato vedere tutte queste cose perché pensavo
che i ragazzi dell’occidente non si interessassero più alle cose liturgiche,
alle cose delle chiese. Invece a Salerno non è così. È diverso.
Questa realtà mi ha spinto a cambiare il mio modo di pensare e
giudicare dalle informazioni o storie ricevute. Quando ero ancora nel mio paese
sentivo spesso i racconti che dicevano: che tante chiese in Italia ed in Europa
in generale, erano vuote perché la gente non le frequentava più; che solo i vecchietti
partecipavano ad iniziative spirituali mentre i giovani si allontanavano dalle
chiese e dalla vita cristiana, quindi difficilmente si trovava un giovane in
chiesa. Ascoltando questi racconti credevo che fossero veri e che in occidente
i giovani si ritirassero dalle pratiche sacramentali. Invece in realtà non è
così tanto al cento per cento, perché ci sono ancora i giovani credenti che
frequentano le messe, che vivono cristianamente la loro vita quotidiana. Questo
campo e questo incontro con questi giovani entusiastici mi ha assicurato e
convinto che la chiesa sta facendo la sua missione. Penso che questa sia una
speranza viva e vera che non possiamo lasciar perdere. Per farla vivere sempre
ha bisogno di un aiuto urgente cioè ha bisogno di una vita esemplare
assicurandoli che la strada che stanno percorrendo sia una strada giusta verso
una vita matura, alla libertà vera, all’amore autentico andando verso Gesù.
Quindi questi giovani hanno bisogno delle persone capaci di accompagnarli a
fare la scelta giusta e vera. Il campo estivo è un tipo di accompagnamento per quell’esito.
Missione è qualcosa da condividere…
Pensando un po’ al tema scelto “Missione, è un tempo di scegliere”
credo che non sia stato un tema utopico che i giovani devono prendere in
futuro, che devono scegliere magari al prossimo mese o anno. Durante il campo
questo tema è stato già vissuto e realizzato nel decidere /scegliere /
condividere, a lavorare e a stare insieme i ragazzi dalle parrocchie, scuole e paese diverse, partecipando al campo.
Vorrei sottolineare solo un atteggiamento che secondo me possa essere
un esempio vissuto/concreto delle tante scelte che vengono fatte dai ragazzi. È
la condivisione che nel campo era evidente nel dare e mettere il panino da
mangiare. Questo atto sicuramente veniva inculcato/proposto dagli animatori
come una condizione che dovevano realizzare. Nonostante ciò aveva un valore
importantissima educandoli e invitandoli a non pensare al loro bisogno
personale ma anche a pensare ai bisogni degli altri. In realtà questa richiesta
veniva accolta entusiasticamente da parte loro nonostante non tutti facevano
così, ma erano pochi.
Un momento interessante da ricordare era quello di prendere il panino
dalla propria borsa e poi metterlo su una tavola comune. Per me questo era un
gesto di condivisione e di fiducia.
Era un gesto di condivisione perché ognuno ha preso e ha dato da quello che aveva; voleva dare e condividere con gli altri il suo bene per il bene degli altri. Era proprio un atto tipicamente cristiano in cui ognuno si sentiva responsabile non solo di se stesso ma anche si sentiva responsabile degli altri. A questo punto posso dire che un atto di condivisione è un atto di prendersi cura vicendevole; è un atto di corresponsabilità. Sarebbe stato utile e significativo se nel campo questo valore o virtù venisse spiegato di più perché i ragazzi potessero essere consapevoli della sua importanza.
Condividere era anche un atto di fiducia. Io davo il mio contributo
credendo che non mi mancasse nulla e perché gli altri facessero lo stesso
gesto. Magari i ragazzi non sapevano/non si rendevano conto che dando un panino
o condividendo la storia della loro vita agli altri fosse un segno positivo che
parla di se stesa che è aperta, che è disponibile a affidare la sua vita agli
altri. Da lì nasce l’amicizia che senza la fiducia è impossibile essere amico
di qualcun’altro oppure da lì può darsi nasca la fede.
Ero e sono contento vedendo che i ragazzi facevano così perché era un
segno positivo, un segno di ricchezza che avevano. Perciò dovrebbero
riconoscerla, accoglierla questa ricchezza facendo proprio un tesoro loro non
per tenerlo in sé ma per coltivarlo finché cresca e porti le frutte abbondanti.
Da parte mia vedendo la loro generosità e disponibilità sentivo che suscitavano
in me la voglia di fare la stessa cosa, di imitare e di imparare.
Grazie di
cuore!
Parma, 11 luglio 2014
Pandri
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