Rabu, 30 April 2014

Quell’incontro!!



Era giovedì 20 febbraio 2014. Noi, gli studenti Saveriani e i formatori, ci ritrovammo alla casa delle sorelle Saveriane-Missionarie di Maria in Via Sidoli 70, Parma. Ci rimanevamo lì dal mattino fino alla sera. Ci andammo a verificare la nostra vita pastorale in questi ultimi 5 mesi. Nell’incontro ognuno da noi raccontava ciò che faceva in parrocchia o in altri luoghi: con chi lavorava, quali erano gli aspetti positivi e anche gli ostacoli, con quale spirito lo faceva. È stata una giornata impegnativa ma alla fine sono contento di aver raccontato ciò che facevo io e di aver ascoltato ciò che gli altri facevano. È stato un momento di arricchimento.

Personalmente avevo bisogno di un po’ di tempo per riflettere su queste questioni: con quale spirito facevo il mio apostolato? Perché andavo a fare catechismo? Chi mi spingeva a prendere questo impegno? Riflettendo su queste domande mi resi conto che il motivo spirituale veniva accompagnato da altri motivi. Qualche volta andavo al catechismo e alla Bulla senza essere consapevole del vero perché. Ci andavo solo perché mi avevano mandato? Era solo un compito che dovevo fare? A volte ci andavo anche a divertirmi. Quindi c’era il rischio dell’automatismo-attivismo.

In quel giorno in cui dovevo sapere o conoscere il motivo chiaro del mio impegno pastorale, mi sono accorto che il motivo spirituale era ed è la ragione prima. Dio che io conosco, lo trasmetto, lo testimonio e lo condivido agli altri. Dio mediante la comunità mi manda a testimoniarlo alla gente con cui lavoro. Quando ho preso quell’impegno, questo è il momento giusto per mettere in pratica essendo io un cristiano. In questa ottica/prospettiva non mi sento il protagonista ma lo strumento, trasmettendo e testimoniando l’amore vissuto con Dio.

Il punto di partenza è (prima di tutto) incontrare e conoscere Dio. Quindi la fonte della missione, o del mio apostolato, è conoscere Colui che mi ama incondizionatamente e avere un esperienza di Lui che è amabile e misericordioso. Come lo conosco questo Dio?

Lo posso conoscere prima di tutto attraverso la sua parola. Vedendo il modo di vivere e di agire di Gesù, la parola di Dio fatta carne, vedo Dio misericordioso che ha mandato Gesù in mezzo a noi perché lo conoscessimo e avessimo la vita piena in Lui.

Questo Gesù viene descritto e testimoniato degli evangelisti lo avevano conosciuto: dai suoi
discepoli e dalla prima comunità cristiana. Quindi io oggi, che vivo nel 2014, posso conoscere Dio di Gesù meditando e ascoltando il suo messaggio che ci è stato trasmesso nei quatro vangeli. La via adatta per sapere quale è la volontà di Dio è la via della lectio divina: cioè non solo leggo la sua parola ma anche mi lascio trasformare da Lui. Cioè mi lascio guidare e riempire da Lui e ovviamente con l’aiuto dello Spirito Santo. “A questo incontro con la Parola bisogna andare con tutto se stessi: disposti a porre e a lasciarsi porre molte domande…Poi si tratta di una Parola da portare con sé, ruminandola, conservandola, anche quando non la si è capita completamente. Occorre starci a lungo insieme. È così che faceva Maria e in questo modo la Parola è diventata sua carne, o per meglio dire, Lei ha dato carne alla Parola, (P. F.Marini, nel Cordialmente vostro, 147).” In questa modo mi sento tanto coinvolto a entrare nel suo modo di vivere.

Partecipando all’eucaristia, posso conoscere Dio di Gesù profondamente. Tutta la vita terrena di Gesù è una vita donata agli altri. Questo donarsi lo compie pienamente nella pasqua soprattutto nella sua morte offrendo se stesso per noi, per la nostra salvezza. Questo è l’amore gratuito di Colui che offre la sua preziosa vita perché possiamo vivere come figli Dio. Questo è il dono di Colui che sa amare. Così Gesù ci fa vedere / ci rivela Dio che è amore. L’eucaristia rivela proprio questo volto di Dio. Partecipando l’eucaristia vuol dire venire a incontrare questo Dio misericordioso. Quindi l’eucaristia è un incontro gioioso e meraviglioso e anche una missione perché mi viene mandato a testimoniare questo amore gratuito di Dio.

Dunque nella lectio divina, cioè nell’approfondire la parola di Dio, e nell’eucaristia posso conoscere il Dio di Gesù Cristo. Ambedue sono momenti significativi in cui Dio mi viene incontro Lui stesso. Il nucleo della missione è proprio il desiderio di incontrare questo Dio misericordioso per conoscerlo e testimoniarlo dovunque io vada.

In questa ottica posso valutare le mie attività pastorali. Sono le conseguenze di quell’incontro. Quindi andare al catechismo è portare e condividere ai ragazzi la mia esperienza con Dio: vuol dire andare a testimoniare e condividere il mio incontro con Dio. Non è solo questo, ma è anche andare a ricevere o ascoltare Dio che vive e parla nella vita delle persone che incontro. Esse non sono le “tabula rasa” come se non avessero niente da condividere: credo che Dio già viva e abiti in loro. Il mio compito è incontrare quel Dio che c’è in loro: significa andare anche ad imparare da questi ragazzi come vivere cristianamente. A questo punto c’è l’apertura da parte mia ad accogliere la loro testimonianza.

Quindi la mia missione è incontrare, conoscere e sentire l’amore di Dio che io ritrovo nelle persone con le quali condivido l’esperienza della missione e lo vivo e condivido agli altri. “La missione dunque, è annuncio di ciò che abbiamo visto e toccato o, come ci ripetono i testi del tempo pasquale, dell’incontro amoroso col Risorto. Dal ‘chi è Cristo per noi’ dipende che cosa siamo noi per gli altri, (P. F. Marini, nel Cordialmente vostro, 156).

                                                                                                                                                                       Parma, 30 Aprile 2014
                                                                                                                                                                                                                                             Yanto 



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