Non esiste una religione
africana perché ogni tribù ha una sua religiosità particolare diverso dal
altro. Ci sono tre tratti comuni per la religiosità africana: l’essere supremo,
gli spiriti e gli antenati. Questa religiosità la fa l’uomo e allo stesso tempo
la pratica religiosa può rivelare chi sia l’uomo. Questo elaborato è un
riassunto a partire da un tema sviluppato in classe durante il corso
dell’antropologia culturale africana.
L’essere supremo
L’Essere Supremo è di un
Dio purinico, cioè Dio del cielo. Dall’inizio quest’Essere Supremo era vicino
all’uomo ma per la causa di una donna L’essere supremo si è allontanato
dall’uomo. Da tanti varianti dei miti per spiegare quest’Essere supremo c’è un
mito, molto diffuso in Africa, racconta così: dopo che Dio ha creato l’uomo il
cielo era molto basso, talmente basso che gli uomini dovevano camminare curvi.
Quindi Dio era così vicino all’uomo. In questa realtà o concetto l’uomo per
mangiare non aveva bisogno di lavorare perché bastava allungare la mano toccando
il cielo c’era già il cibo. Gli uomini si stancavano di mangiare sempre la
stessa cosa per cui cercavano qualcosa di diverso per evitare la noia di
mangiare lo stesso cibo. Sono andati in savana e hanno trovato dei semi o
pianti selvatiche e li hanno presi e piantati. Per piantarli bisognava
coltivare la terra ma era faticosa perché il cielo era così basso e la gente
doveva lavorare in curvi. Poi c’era una donna che stava lavorando e ad un certo
punto quando sollevava il bastone ha dato un colpo al cielo. Lei ha detto a Dio
dicendo “Dio, spostati un po’ che mi disturbi!” Dio si è offeso e se ne è
andato. Da quel momento o giorno Dio non è più tornato, non è più vicino
all’uomo, Dio si è allontanato dall’uomo.
Questo racconto giustifica
la lontananza di Dio all’uomo che poi crea una conseguenza cultuale dove ci
sono pochi atti di culto che sono rivolti a Dio. Non esistono i templi per
questo Dio perché la gente crede “L’Essere Supremo è assolutamente
autosufficiente e ininfluenzabile. I suoi disegni e decreti sono stabiliti per
sempre e nessuno potrebbe cambiarli o modificarli. Anche la vita morale,
religiosa e cultuale dell’uomo non lo tocca[1].
L’africano ritiene che l’Essere Supremo debba essere disturbato il meno
possibile con preghiere, ringraziamenti, offerte, richieste di aiuto e
certamente mai per piccole cose e piccoli problemi.[2]”
Ma il culto più diffuso è quella che si rivolge a intermediari, cioè gli
spiriti e gli antenati.
Gli spiriti: rappresentano la forza della natura
Gli spiriti possono essere
di varie categorie. Grandi spiriti sono gli spiriti che rappresentano la forza
della natura. Abbiamo lo spiriti dell’acqua, della terra e della savana.
Più importante è lo
spirito della terra che è considerata come complementare al cielo: è la parte
femminile che viene fecondata dall’essere supremo che è il Dio. Quindi abbiamo
Dio, la parte maschile, la terra è parte femminile che viene fecondata dalla
pioggia. Infatti quando ci sono le prime piogge si dice che Dio si è accoppiato
con la terra. È espressione che la pioggia è assimilata simbolicamente allo
sperma che feconda la terra facendolo poi germogliare la piante, l’erba e tutto
il resto.
Nella loro relazione con
la terra, e per coltivare la terra, per usare i frutti della terra, (e vale
anche quando si prende i pesci dal fiume o gli animali dalla foresta) ci sono i
riti da compiere e questi riti sono legati al ciclo annuale del risveglio della
natura e della produzione agricoltura. Cioè questi riti vengono compiuti prima
di coltivare o zappare la terra magari anche prima di seminare i semi, anche
quando il granaio comincia a maturare e poi quando arriva il tempo del
raccolto. Questi riti o sacrifici sono importanti per farsi che la terra non si
offenda. Altri motivi generale per cui gli africani fanno il sacrificio e il
culto sono il desiderio di unione e l’alleanza con Dio, l’inizio di ogni cosa:
“Il senso del culto si fonda sul desiderio di unione con Dio e di vita eterna,
di immortalità. L’unione con Dio viene intensificata ogniqualvolta si rinnova il
gesto sacrificale. Il frutto del sacrificio, nel caso dell’animale immolato, è
condiviso e mangiato da tutti i presenti, poiché, reso sacro, l’animale
partecipa della divinità e della vita di Dio, cosicché coloro che mangiano le
carni offerte in sacrificio partecipano collettivamente alla vita e alla
divinità di Dio. Mediante la partecipazione al sacrificio tutto il popolo
riconosce un solo Dio quale sua guida e soprattutto quale fondamento di senso.”[3] ”…Anche i sacrifici offerti a Dio servono per
stringere con Lui un’alleanza, in modo che, dando a Lui le primizie raccolte e
immolando l’animale più grasso, Dio perdoni gli atti impuri che qualcuno nella
comunità ha commesso.”[4]
I riti più importanti o
fondamentali di queste religioni sono gestiti dai sacerdoti della terra. Sono
responsabili dei sacrifici e devono permettere all’uomo di coltivare la terra,
cioè assicurano che l’Essere Supremo conceda all’uomo a coltivare la terra.
Questa figura è importantissima perché in questa cultura c’è ancora la separazione
tra ambito profano e sacro: solo il sacerdote può gestire le cose sacre. Il
sacerdote fa la divinazione per sapere quale sacrificio deve fare (o una capra
o una pecora) e la divinazione gli dirà quale sacrificio deve compiere. Prima
che lui compia questo, nessuno può cominciare a coltivare la terra o
raccogliere i frutti della terra perché c’è il rischio della morte. Ogni
villaggio o clan ha il suo sacerdote della terra che compie questi sacrifici.
I sacrifici del ciclo
cultuale sono rivolti a Dio e alla terra; sono loro responsabile della
fertilità del suolo. Dio con la pioggia cioè Dio che dà la pioggia e la terra
che è il sostrato, questa pioggia rende feconda. Nel sacrificio di solito si
offre una birra e un’animale che viene uccisa (pollo, pecora, capra; mucca è
per Dio). Quindi possiamo vedere che prima di usufruire la terra e ogni
passaggio della crescita agricole ci sono i riti da compiere.
Lo spirito d’acqua
I Masa credono che
nell’acqua ci siano due spiriti: un maschio e una femmina. L’acqua è buona ma
può essere anche cattiva. La parte buona, la parte femminile, è quella che ti
dà il pesce perché lo spirito dell’acqua è Signore del pesce e degli uccelli
acquatiche. Però lo spirito dell’acqua può anche ammazzare quando qualcuno
muore annegato la gente di questa popolazione percepisce che lo spirito
dell’acqua l’ha presa, l’ha fatta morire. La parte buona dello spiriti
dell’acqua, la parte femminile, è anche quella che è responsabile della
fertilità della donna. Lei che forma il feto nell’utero della donna, che aiuta
la donna a portare a termine della gravidanza; per cui le donne del Masa nella
luna del febbraio vanno a fare un sacrificio al bordo del fiume. Questo
sacrificio ha lo scopo per conservare la loro fertilità. L’acqua è legata alla
fertilità delle donne.
Lo spirito della savana
La savana non è un luogo
profano ma un luogo sotto la protezione dello spirito che è protettore delle
piante e degli animali. Un cacciatore non è che possa andare a cacciare come
vuole quanto vuole ma deve stare attento prima ad appropriarsi allo spirito che
è il Signore / padrone degli animali, deve rispettare delle regole. Non si può
cacciare come vuole ma solo per nutrirsi la sua famiglia. Non può nutrirsi
dalla natura come vuole. È evidente che questa religione è una religione
ecologica altamente diverso dall’uomo europeo che crede di essere padrone della
terra o di quello che la terra produce. Queste popolazione credono che non sono
padroni della terra ma possono, appropriandosi prima agli spiriti che ne sono
responsabili, può servirsi in modo moderato della natura. Non c’è lo spirito di
accumulo, cioè l’uomo può servirsi di quello che gli serve per vivere: non di
più; chi prende di più sarà punito. Praticamente tra la terra, quello che c’è
sulla terra e quello che nel cielo c’è un equilibrio e l’uomo vive rispettando
queste entità. L’uomo non è padrone, l’uomo può servirsi o nutrirsi dalla
natura per vivere moderatamente.
Gli antenati
Il culto degli antenati
vale diversamente da una zona all’altra. Ci sono alcuni tribù in cui gli
antenati sono molto importanti, invece per gli altri non sono importante. In
certe popolazione il cranio degli antenati viene conservato in un posto e ogni
anno fa un culto particolare per loro. Il ricordo agli antenati si fa dopo la
festa del raccolto. I sacrifici fatti per gli antenati “servono per restaurare
il rapporto con gli antenati e riparare i danni causati agli altri, per
ottenere la benevolenza e la protezione contro gli spiriti cattivi.”[5]
Innanzitutto chi sono gli
antenati? “Gli antenati sono viventi di un genere particolare. La morte non ne
ha alterato la personalità, la natura; solo il loro modo di vita è cambiato.
Abitano nell’altro villaggio, in una condizione privilegiata. Continuano a far
parte della comunità dei vivi e ne costituiscono anzi elemento più importante,
più prezioso…Sono le vere guide direttive della società. Vivendo più vicino a
Dio e restando al tempo stesso in contatto con gli uomini del loro clan, essi
hanno un ruolo speciale: soccorrere i vivi e alleviarne le sofferenze. Avendo
vissuto personalmente la condizione umana, la conoscono meglio dello stesso
Creatore. Ma essi assolvono questi loro compiti solo se vengono fatti oggetti
di un culto premuroso e costante da parte dei vivi: offerte di cibo sulle loro
tombe, rispetto da parte dei membri del clan, ecc. dimenticare o trascurare gli
antenati comporta sempre conseguenze molto gravi sia per il clan in quanto tale
che per le singole persone che lo costituiscono.[6]”
L’uomo africano è l’uomo
relazionale
Credo
che l’identità dell’uomo africano si trovi in questa sua relazione con questi
ambienti religiosi: con l’Essere Supremo, gli spiriti e gli antenati. L’uomo africano è l’uomo relazionale e
religioso. La sua vita dipende da questa relazione reciproca e ogni uomo è
chiamato a prendere cura di questa relazione. Il sacrificio va fatto per
mantenere questa relazione e equilibrio. Di più l’uomo africano non pensa di
essere padrone della terra ma l’uomo che sa custodire la terra per la sua vita.
Cioè l’uomo si nutre della terra per cui si sente la responsabilità di
custodirla.
Parma,
28 giugno 2015
Pandri