Selasa, 30 Juni 2015

L’uomo africano a partire dalla sua religiosità




Non esiste una religione africana perché ogni tribù ha una sua religiosità particolare diverso dal altro. Ci sono tre tratti comuni per la religiosità africana: l’essere supremo, gli spiriti e gli antenati. Questa religiosità la fa l’uomo e allo stesso tempo la pratica religiosa può rivelare chi sia l’uomo. Questo elaborato è un riassunto a partire da un tema sviluppato in classe durante il corso dell’antropologia culturale africana.

L’essere supremo
L’Essere Supremo è di un Dio purinico, cioè Dio del cielo. Dall’inizio quest’Essere Supremo era vicino all’uomo ma per la causa di una donna L’essere supremo si è allontanato dall’uomo. Da tanti varianti dei miti per spiegare quest’Essere supremo c’è un mito, molto diffuso in Africa, racconta così: dopo che Dio ha creato l’uomo il cielo era molto basso, talmente basso che gli uomini dovevano camminare curvi. Quindi Dio era così vicino all’uomo. In questa realtà o concetto l’uomo per mangiare non aveva bisogno di lavorare perché bastava allungare la mano toccando il cielo c’era già il cibo. Gli uomini si stancavano di mangiare sempre la stessa cosa per cui cercavano qualcosa di diverso per evitare la noia di mangiare lo stesso cibo. Sono andati in savana e hanno trovato dei semi o pianti selvatiche e li hanno presi e piantati. Per piantarli bisognava coltivare la terra ma era faticosa perché il cielo era così basso e la gente doveva lavorare in curvi. Poi c’era una donna che stava lavorando e ad un certo punto quando sollevava il bastone ha dato un colpo al cielo. Lei ha detto a Dio dicendo “Dio, spostati un po’ che mi disturbi!” Dio si è offeso e se ne è andato. Da quel momento o giorno Dio non è più tornato, non è più vicino all’uomo, Dio si è allontanato dall’uomo.

Questo racconto giustifica la lontananza di Dio all’uomo che poi crea una conseguenza cultuale dove ci sono pochi atti di culto che sono rivolti a Dio. Non esistono i templi per questo Dio perché la gente crede “L’Essere Supremo è assolutamente autosufficiente e ininfluenzabile. I suoi disegni e decreti sono stabiliti per sempre e nessuno potrebbe cambiarli o modificarli. Anche la vita morale, religiosa e cultuale dell’uomo non lo tocca[1]. L’africano ritiene che l’Essere Supremo debba essere disturbato il meno possibile con preghiere, ringraziamenti, offerte, richieste di aiuto e certamente mai per piccole cose e piccoli problemi.[2]” Ma il culto più diffuso è quella che si rivolge a intermediari, cioè gli spiriti e gli antenati.

Gli spiriti: rappresentano la forza della natura
Gli spiriti possono essere di varie categorie. Grandi spiriti sono gli spiriti che rappresentano la forza della natura. Abbiamo lo spiriti dell’acqua, della terra e della savana.

Più importante è lo spirito della terra che è considerata come complementare al cielo: è la parte femminile che viene fecondata dall’essere supremo che è il Dio. Quindi abbiamo Dio, la parte maschile, la terra è parte femminile che viene fecondata dalla pioggia. Infatti quando ci sono le prime piogge si dice che Dio si è accoppiato con la terra. È espressione che la pioggia è assimilata simbolicamente allo sperma che feconda la terra facendolo poi germogliare la piante, l’erba e tutto il resto.

Nella loro relazione con la terra, e per coltivare la terra, per usare i frutti della terra, (e vale anche quando si prende i pesci dal fiume o gli animali dalla foresta) ci sono i riti da compiere e questi riti sono legati al ciclo annuale del risveglio della natura e della produzione agricoltura. Cioè questi riti vengono compiuti prima di coltivare o zappare la terra magari anche prima di seminare i semi, anche quando il granaio comincia a maturare e poi quando arriva il tempo del raccolto. Questi riti o sacrifici sono importanti per farsi che la terra non si offenda. Altri motivi generale per cui gli africani fanno il sacrificio e il culto sono il desiderio di unione e l’alleanza con Dio, l’inizio di ogni cosa: “Il senso del culto si fonda sul desiderio di unione con Dio e di vita eterna, di immortalità. L’unione con Dio viene intensificata ogniqualvolta si rinnova il gesto sacrificale. Il frutto del sacrificio, nel caso dell’animale immolato, è condiviso e mangiato da tutti i presenti, poiché, reso sacro, l’animale partecipa della divinità e della vita di Dio, cosicché coloro che mangiano le carni offerte in sacrificio partecipano collettivamente alla vita e alla divinità di Dio. Mediante la partecipazione al sacrificio tutto il popolo riconosce un solo Dio quale sua guida e soprattutto quale fondamento di senso.”[3]  ”…Anche i sacrifici offerti a Dio servono per stringere con Lui un’alleanza, in modo che, dando a Lui le primizie raccolte e immolando l’animale più grasso, Dio perdoni gli atti impuri che qualcuno nella comunità ha commesso.”[4]

I riti più importanti o fondamentali di queste religioni sono gestiti dai sacerdoti della terra. Sono responsabili dei sacrifici e devono permettere all’uomo di coltivare la terra, cioè assicurano che l’Essere Supremo conceda all’uomo a coltivare la terra. Questa figura è importantissima perché in questa cultura c’è ancora la separazione tra ambito profano e sacro: solo il sacerdote può gestire le cose sacre. Il sacerdote fa la divinazione per sapere quale sacrificio deve fare (o una capra o una pecora) e la divinazione gli dirà quale sacrificio deve compiere. Prima che lui compia questo, nessuno può cominciare a coltivare la terra o raccogliere i frutti della terra perché c’è il rischio della morte. Ogni villaggio o clan ha il suo sacerdote della terra che compie questi sacrifici.

I sacrifici del ciclo cultuale sono rivolti a Dio e alla terra; sono loro responsabile della fertilità del suolo. Dio con la pioggia cioè Dio che dà la pioggia e la terra che è il sostrato, questa pioggia rende feconda. Nel sacrificio di solito si offre una birra e un’animale che viene uccisa (pollo, pecora, capra; mucca è per Dio). Quindi possiamo vedere che prima di usufruire la terra e ogni passaggio della crescita agricole ci sono i riti da compiere.

Lo spirito d’acqua
I Masa credono che nell’acqua ci siano due spiriti: un maschio e una femmina. L’acqua è buona ma può essere anche cattiva. La parte buona, la parte femminile, è quella che ti dà il pesce perché lo spirito dell’acqua è Signore del pesce e degli uccelli acquatiche. Però lo spirito dell’acqua può anche ammazzare quando qualcuno muore annegato la gente di questa popolazione percepisce che lo spirito dell’acqua l’ha presa, l’ha fatta morire. La parte buona dello spiriti dell’acqua, la parte femminile, è anche quella che è responsabile della fertilità della donna. Lei che forma il feto nell’utero della donna, che aiuta la donna a portare a termine della gravidanza; per cui le donne del Masa nella luna del febbraio vanno a fare un sacrificio al bordo del fiume. Questo sacrificio ha lo scopo per conservare la loro fertilità. L’acqua è legata alla fertilità delle donne.

Lo spirito della savana
La savana non è un luogo profano ma un luogo sotto la protezione dello spirito che è protettore delle piante e degli animali. Un cacciatore non è che possa andare a cacciare come vuole quanto vuole ma deve stare attento prima ad appropriarsi allo spirito che è il Signore / padrone degli animali, deve rispettare delle regole. Non si può cacciare come vuole ma solo per nutrirsi la sua famiglia. Non può nutrirsi dalla natura come vuole. È evidente che questa religione è una religione ecologica altamente diverso dall’uomo europeo che crede di essere padrone della terra o di quello che la terra produce. Queste popolazione credono che non sono padroni della terra ma possono, appropriandosi prima agli spiriti che ne sono responsabili, può servirsi in modo moderato della natura. Non c’è lo spirito di accumulo, cioè l’uomo può servirsi di quello che gli serve per vivere: non di più; chi prende di più sarà punito. Praticamente tra la terra, quello che c’è sulla terra e quello che nel cielo c’è un equilibrio e l’uomo vive rispettando queste entità. L’uomo non è padrone, l’uomo può servirsi o nutrirsi dalla natura per vivere moderatamente.

Gli antenati
Il culto degli antenati vale diversamente da una zona all’altra. Ci sono alcuni tribù in cui gli antenati sono molto importanti, invece per gli altri non sono importante. In certe popolazione il cranio degli antenati viene conservato in un posto e ogni anno fa un culto particolare per loro. Il ricordo agli antenati si fa dopo la festa del raccolto. I sacrifici fatti per gli antenati “servono per restaurare il rapporto con gli antenati e riparare i danni causati agli altri, per ottenere la benevolenza e la protezione contro gli spiriti cattivi.”[5]

Innanzitutto chi sono gli antenati? “Gli antenati sono viventi di un genere particolare. La morte non ne ha alterato la personalità, la natura; solo il loro modo di vita è cambiato. Abitano nell’altro villaggio, in una condizione privilegiata. Continuano a far parte della comunità dei vivi e ne costituiscono anzi elemento più importante, più prezioso…Sono le vere guide direttive della società. Vivendo più vicino a Dio e restando al tempo stesso in contatto con gli uomini del loro clan, essi hanno un ruolo speciale: soccorrere i vivi e alleviarne le sofferenze. Avendo vissuto personalmente la condizione umana, la conoscono meglio dello stesso Creatore. Ma essi assolvono questi loro compiti solo se vengono fatti oggetti di un culto premuroso e costante da parte dei vivi: offerte di cibo sulle loro tombe, rispetto da parte dei membri del clan, ecc. dimenticare o trascurare gli antenati comporta sempre conseguenze molto gravi sia per il clan in quanto tale che per le singole persone che lo costituiscono.[6]

L’uomo africano è l’uomo relazionale
Credo che l’identità dell’uomo africano si trovi in questa sua relazione con questi ambienti religiosi: con l’Essere Supremo, gli spiriti e gli antenati.  L’uomo africano è l’uomo relazionale e religioso. La sua vita dipende da questa relazione reciproca e ogni uomo è chiamato a prendere cura di questa relazione. Il sacrificio va fatto per mantenere questa relazione e equilibrio. Di più l’uomo africano non pensa di essere padrone della terra ma l’uomo che sa custodire la terra per la sua vita. Cioè l’uomo si nutre della terra per cui si sente la responsabilità di custodirla.

Parma, 28 giugno 2015
Pandri




[1] Romeo Fabbri, Chiama L’africa: La religioni tradizionali africane, Roma, 1997, pg.13.
[2] Ibid, pg.29.
"[3] Martin Nkafu Nkemnkia, IL Pensare Africano Come “Vitalogia”, Città Nuova, Roma, 1995, pg.125-126.
[4] Ibid, pg. 131.
[5] Martin Nkafu Nkemnkia, Il Pensare, pg.116.
[6] Romeo Fabbri, pg.25-26.