il mio cuore non ha paura. Se contro di me si scatena una
guerra, anche allora ho fiducia. Una sola cosa ho chiesto a Jhwh, questa sola io cerco: abitare nella casa di Jhwh tutti i giorni della mia vita per contemplare la bellezza di Jhwh e vegliare nel suo santuario. Egli infatti mi fa riparare nel suo
tabernacolo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, mi solleva sulla rupe. E ora rialzo la testa sui nemici che mi circondano. Immolerò nella sua tenda sacrifici di vittoria, inni di lode canterò a Jhwh. Ascolta, Jhwh, la mia voce! Io grido: Abbi pietà di me!
Rispondimi! Di te ha detto il mio cuore: Cerca
il suo volto! Il tuo volto, Jhwh, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo
servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, o Dio della mia
salvezza! Mio
padre e mia madre mi hanno abbandonato, ma Jhwh mi ha raccolto. Insegnami, Jhwh, la tua via,
guidami sul retto cammino, a causa di coloro che mi spiano! Non
espormi alla gola bramosa dei miei avversari; contro di me sono sorti falsi
testimoni
che spirano
violenza. Non
ho forse la certezza di contemplare la bontà di Jhwh nella terrra dei viventi? Spera
in Jhwh, sii forte; si rinfranchi il tuo cuore e spera in Jhwh![1]
Analisi
del salmo
I personaggi importanti in questo salmo sono: il salmista, Jhwh e gli avversari del salmista. Guardando i suoi avversari così li descrive: suoi avversari sono coloro che hanno potere contro di lui: i malvagi che gli vogliono straziare la carne (v.2), ci sono coloro che si preparano un’armata e scatenano una guerra contro di lui (v.3); anche i suoi genitori lo abbandonano (v.10), e il salmista subisce anche la violenza dei falsi testimoni (v.12). Rivolgendosi a Jhwh il salmista esprime un rapporto di fiducia chiamandolo sua luce, salvezza e baluardo; chiedendogli di poter abitare nel suo tempio e di ascoltare il suo grido soprattutto di trovarlo. La malvagità e l’accampamento dei suoi avversari lo fanno tremare ma nonostante ciò il salmista non si sente schiacciato o non ha paura, anzi dice ‘ho fiducia’ in Jhwh perché Jhwh sta dalla mia parte. Partendo da questa situazione l’orante esprime il suo stato d’animo di fiducia e di supplica in Dio. Il salmista comincia la sua preghiera con una solenne dichiarazione di fiducia in Dio (‘Jhwh è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Jhwh è il baluardo della mia vita, di chi avrò terrore?’:v.1) che si trasforma in supplica (‘non nascondermi il tuo volto…non abbandonarmi…rispondimi!’:v.9). Nel v.14 di nuovo il salmista esprime la sua fiducia in Dio, spera in Jhwh, sii forte; si rinfranchi il tuo cuore e spera in Jhwh. Il salmista sa che Dio è luce, salvezza e baluardo ma la difficoltà della vita lo riporta alla supplica.
Ravasi identifica nel salmo in un duplice stato d’animo del salmista: la fiducia trionfale (vv.1-6) e la fiducia supplice (vv.7-14). Questa duplicità dello stato d’animo però non vuol dire che non c’è legame o parallelismo. Il parallelismo tra le due parti risiede nella vicinanza di Dio che è visto come luce e salvezza (v.1) e nel desiderio di contemplare/vedere la bontà di Dio (v.13). Questa vicinanza di Dio è espressa nel versetto 4 che parla dell’abitare nella casa di Dio e nel v.8 che parla del cercare il volto di Dio, perché secondo Ravasi facendo riferimento a Es 23,15.17; Dt 16,16; Is 1,12; Sal 24,6 ‘il cercare volto di Dio’ è un sinonimo per ‘accedere al tempio’: “Il tempio, cioè la fede nella presenza di Jhwh nella storia, riesce a raccordare questi due sentimenti di gioia e di paura trasformandoli nelle due attitudini fondamentali d’una stessa invocazione fiduciosa. Non sono forse anche i due atteggiamenti fondamentali della vita? Sia che predomini la gioia (vv.1-6), sia che predomini la paura (vv.7-13), una sola è la soluzione, la fiducia in Dio, formulata sinteticamente dall’oracolo finale di speranza e sicurezza (v.14)” (Ravasi). Quindi il tempio che appare nei vv. 4 e 8 unisce questi 2 parti del salmo. Possiamo dire che la credenza del salmista che vede Dio come è sua luce e salvezza e suo baluardo viene celebrata e sperimentata nel tempio.
Schökel ribadisce anche
l’unità del salmo: l’espressione ‘mia salvezza’ appare nei vv.1 e 9; poi
l’espressione ‘contemplare la bellezza del Signore’ nel v.4 viene ribadito con
l’espressione ‘godere la bontà del Signore’ nel v.13. Quindi l’orante affida a
Dio tutta la sua situazione trionfale e supplice perché può rifugiarsi solo in
Dio e nello stesso tempo può contemplare e ammirare la sua bontà.
Analisi letteraria
§ Il
nome di Jhwh viene menzionato 12 volte nel testo (vv.1b, 1d; 4a, 4c, 4e; 6d;
7a; 8c; 10c; 11a; 13b; 14a e 14c). Si inizia e si chiude il testo proclamando
il nome di Jhwh. Questo nome di Jhwh viene specificato identificandolo come mia
luce (v.1a), come mia salvezza (vv.1a e 9e), come baluardo (v.1d). Quindi il
nome di Jhwh ha tre titoli: luce, salvezza e baluardo.
§ L’uso
della prima persona singolare risuona ben 11 volte. E altrettante volte questa
prima persona singolare viene rivolta a Jhwh e al tempio: ..ho chiesto a Jhwh, questa sola io cerco: abitare nella casa di Jhwh…
per contemplare la bellezza di Jhwh e vegliare nel suo santuario (v.4);
Immolerò nella sua tenda sacrifici di vittoria inni di lode canterò a Jhwh
(v.6); ascolta, Jhwh, la mia voce! Io grido: Abbi pietà di me! Rispondimi! (v.7);
…Il tuo volto, Jhwh, io cerco (v.8); Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non
abbandonarmi, o Dio della mia salvezza!(v.9);… ma Jhwh mi ha raccolto (v.10); non
ho forse la certezza di contemplare la bontà di Jhwh… (v.13).
§ Il
termine che suggerisce il tempio è vario: casa (v.4), santuario (v.4), tenda
(vv.5,6). “Per definire il tempio l’orante usa 2 termini: prima, bajit ‘casa’
(salomonica) si riferisce cioè all’ideologia del tempio monarchico, un segno della
presenza spaziale di Dio. La seconda è suk, la ‘capanna’ (esodica) risale al
santuario mobile del deserto in cui Dio soggiornava nomade col suo popolo
nomade, e ‘ohel, la ‘tenda’ dell’arca dell’alleanza (v.5)” (Ravasi).
§ Il
termine volto appare 3 volte: 2 volte ‘il tuo volto’ e una volta si con ‘il suo
volto’.
§ Gli
avversari sono presente in tutte due le parti vv.2-3 e v.12.
Struttura
del salmo
Entrambi le parti il
salmista inizia (vv.1 e 7) e chiude (vv.6 e 13) la sua preghiera esprimendo la
sua fiducia in Dio. Questa apertura e chiusura di fiducia in Dio diventa la sua
forza potente davanti all’accampamento e attacco dei suoi avversari e nemici
(vv. 2-3 e 12). Questa sua fiducia in Dio la esprime nel rifugiarsi nel tempio
(vv.4-5 e 8-11) dove il salmista può sperimentare la presenza di Dio. Con
Ravasi possiamo identificare meglio la struttura di questo salmo in 4 elementi
importanti: un’antifona di fiducia
(vv.1.7), la descrizione dell’incubo dei nemici (vv.2-3 e 12), la celebrazione
del rifugio nel tempio (vv.4-5 e 8-11), un’antifona di fiducia conclusiva (vv.6
e 13) (Ravasi). Questa struttura
secondo Ravasi possiamo vederla chiaramente in questa tabella:
Prima tavola (vv.1-6)
A.
Professione
di fiducia in Jahweh (v.1)
B.
L’incubo
dei nemici (vv.2-3)
B’
Il rifugio nel tempio (vv.4-5)
A’
Professione di fiducia in Jahweh (v.6)
Seconda tavola (vv.7-13)
A.
Antifona
di fiducia supplice in Jahweh (v.7)
B.
Il
rifugio in Dio e nel tempio (vv.8-11)
B’
L’incubo dei nemici (v.12)
A’
Antifona di fiducia in Jahweh (v.13)
v.14: Oracolo conclusivo di fiducia
v.14: Oracolo conclusivo di fiducia
Interpretazione
del salmo
1. Parte prima (vv.1-6): cercare di abitare nel tempio di Jhwh
Ravasi identifica che all’interno
della prima sezione (vv.1-6) ci sono 2 paradigmi simbolici connessi
reciprocamente: la guerra d’attacco (vv.2-3) e il rifugio fortificato
(vv.1,5-6). Si inizia con la convinzione dell’orante che Dio è la sua luce, la
sua salvezza e il suo baluardo (v.1). Questa sua convinzione su Dio lo protegge
dall’attacco dei suoi avversari (vv.2-3) che lo circondano con le armi e vogliono
saziarsi dalla sua carne. Possiamo esprimere in questo modo lo stato interiore
del salmista: se contro di me si accampa
un’armata, il mio cuore non ha paura perché Jhwh è mia luce e mia salvezza; se
contro di me scatena una guerra, anche allora ho fiducia perché Jhwh è il
baluardo della mia vita. È un richiamo all’azione salvifica di Jhwh riguardo
a Israele, cioè la sua fiducia in Jhwh nasce dal ricordo di un’esperienza vissuta
del popolo Israele. Questa sua convinzione è così forte e profonda che si
chiede di sperimentare o di avere l’accesso alla presenza di Jhwh. Dove? Nel
tempio per cui nel v.4 insistentemente fa la richiesta di abitare nella casa di
Jhwh. Nel v.5 il tempio si identifica con la capanna in cui Dio soggiornava
nomade col suo popolo nomade (Ravasi) nel tempo del esodo. Il tempio quindi è
il luogo dove l’orante trova la sua dimora potente perché nel tempio il
salmista può sperimentare la presenza Dio che lo ripara, lo nasconde e lo
solleva (v.5). La consapevolezza dell’intervento di Jhwh riguardo a Israele
diventa la sua arma contro i suoi avversari, cioè Jhwh non lo abbandona come
Jhwh non abbandonava Israele. Questa sua
consapevolezza gli permette di non avere paura al potere dei nemici e allo
stesso tempo suscita desiderio di abitare nella casa del Signore, per
contemplare la bontà del Signore e meditare nel suo tempio.
Vivaldelli identifica un itinerario spirituale da parte dell’orante, dal desiderio di abitare al tempio all’ incontrare il volto di Jhwh. Il salmo nei versetti 1-3 si apre con tre definizioni di Dio su cui basa la sua fiducia. ‘Mia luce’ l’orante riferisce Dio come la luce: Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più lo splendore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto (Is 60,19-20). In più nel racconto di Genesi1 la luce è la prima creatura di Dio e l’uomo l’ultimo atto creativo è inserito e pensato in questa luce. In questo contesto il salmista sente di essere preso in considerazione da Dio:”egli è consapevole di essere guardato da Dio e sente, in questo modo, di essere preso in considerazione da qualcuno, uscendo così dall’abbandono e dalla paura. Dio è stato capace di volgere il suo volto su chi, per la sua condizione di pericolo, non è difeso da nessuno. La luce, perciò, diventa possibilità di una nuova vita in cui si vede all’opera il favore divino,”(Vivaldelli). L’espressione dell’orante a identificare Dio come sua salvezza richiama l’aiuto divino nei confronti del suo alleato: è l’intervento liberatore che si sperimenta nella storia della salvezza (Ravasi); Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza». Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza (Is 12,2-3). Il ricordo di quest’aiuto di Dio diventa la sua forza solidale a non temere nei confronti dei suoi nemici. La terza definizione di Dio è ‘baluardo’ che si trova ripetutamente nei salmi 18,3;28,8; 31,3-5; 37,39; 43,2; 52,9; Sir 51,2-5 (Ravasi). Il baluardo allude a un luogo dove ci si rifugia dall’attacco dei nemici. Per il salmista Dio è il baluardo che lo protegge e lo difende. Infatti nel.v.5 trova la conferma di quanto Dio è il suo baluardo, ‘Egli mi fa riparare nel suo tabernacolo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, mi solleva sulla rupe’.
In seguito nei versetti 4-6: Vivaldelli indica qualche spostamento (luoghi, verbi, sostantivi) rispetto dei versetti precedenti (vv.1-3); dal campo di battaglia al tempio; dal combattimento alla preghiera; dall’’accamparsi’ e dal‘divorare’, al ‘domandare’, ‘cercare’, ‘abitare’, ‘contemplare’, ‘ammirare Jhwh’; dallo ‘scontro’ con i nemici all’’incontro’ con Jhwh. Infatti nel v.5 la preghiera/il desiderio dell’orante di abitare nella casa di Dio viene confermata poiché Dio lo nasconde nella sua tenda e lo solleva sulla rupe. Dopo aver sperimentato l’intervento di Dio nel v.5, ora nel v.6 l’orante proclama la vittoria e reagisce ringraziando Dio nel culto e nella preghiera con sacrifici e canti. Quindi c’è uno spostamento/cammino dalla battaglia alla liturgia, dalla minaccia dell’accampamento dei nemici alla dimora nel tempio di Dio. Nella seconda parte il salmista va più in profondità nella sua ricerca: dal cercare e abitare nel tempio al cercare il volto di Jhwh, ‘il tuo volto, Jhwh, io cerco’, cioè manifesta il desiderio profondo dell’orante è conoscere Dio.
2.
Parte
seconda (vv.7-14): cercare di trovare il volto di Jhwh
In questa seconda parte il rapporto tra salmista e Dio è dialogico identificando Dio con il ‘Tu’. Dio viene interpellato in seconda persona singolare con ciò si entra anche nel genere della supplica direttamente rivolta a Dio. Questa parte del salmo esprime il tono di fiducia, come nella prima parte, basandosi sul desiderio dell’orante a cercare Dio (vv.4 e 8) e a chiedere che Dio lo ascolti (vv.7 e 9). Colui che cerca Dio presume già un affidarsi a Dio. Vivaldelli dice che cercare Dio nel libro del Deuteronomio significa lasciarsi guidare dalla sua parola perché Dio stesso troverà il suo popolo mediante la sua Parola (Dt 4,29-30). Questo lasciarsi trovare da Dio avviene nel tempio di Gerusalemme (cfr.Dt 12,5). L’orante del Sal 27 pronuncia ‘il tuo volto, Jhwh, io cerco’ per mostrare il suo desiderio o la sua disponibilità ad essere trovato da Dio mediante la Parola di Dio nel tempio. ‘Il tuo volto, Jhwh, io cerco’ “è una volontà che decide di abbandonarsi fiduciosamente alla presenza di Dio e della sua parola, così da lasciarsi raggiungere e rimodellare dalla grazia divina,”(Vivaldelli).
Colui che chiede a Dio di ascoltarlo assume la
consapevolezza che Dio può ascoltarlo (vv.7 e 9). La richiesta di essere
ascoltato da Dio rivela la fede dell’orante in Dio. Questa sua fede in Dio
trova la sua adesione forte nel v.10: Mio padre e mia madre mi hanno
abbandonato, ma Jhwh mi ha raccolto.
Il salmista è convinto che l’amore di Jhwh è più forte e profondo dell’amore dei suoi genitori. Nel verbo ‘ascoltare’ il fedele dichiara che Dio possa ascoltarlo. ‘Ascolta, Jhwh, la mia voce’ (v.7a): Alla base di questo grido rivela la fede di un Israelita che Jhwh possa ascoltarlo perché solo Dio è il vivente, l’unico Signore in grado di ascoltare la preghiera dei suoi fedeli (cfr.1Re 37) e il grido di dolore del suo popolo nella schiavitù in Egitto. Quindi c’è la fede su Dio che sa ascoltare. Vivaldelli dice, per quanto riguarda l’ascoltare, “Ascoltare’ è dunque, entrare in comunione con la situazione di un altro; condividerla. È già un lasciarsi interpellare e coinvolgere da un altro, un dover prendere posizione rispetto alla sua attenzione rispetto alla sua vita. Chi ascolta non può accamparsi dietro la giustificazione del non sapere; assume già una responsabilità, prima ancora di rispondere. Allo stesso modo, chi chiede ascolto e attenzione esprime già la fiducia che colui che ascolta possa esaudirlo, sa che quell’udienza concessa da una persona di riguardo non potrà non procurare benefici alla sua vita.”
Il salmista è convinto che l’amore di Jhwh è più forte e profondo dell’amore dei suoi genitori. Nel verbo ‘ascoltare’ il fedele dichiara che Dio possa ascoltarlo. ‘Ascolta, Jhwh, la mia voce’ (v.7a): Alla base di questo grido rivela la fede di un Israelita che Jhwh possa ascoltarlo perché solo Dio è il vivente, l’unico Signore in grado di ascoltare la preghiera dei suoi fedeli (cfr.1Re 37) e il grido di dolore del suo popolo nella schiavitù in Egitto. Quindi c’è la fede su Dio che sa ascoltare. Vivaldelli dice, per quanto riguarda l’ascoltare, “Ascoltare’ è dunque, entrare in comunione con la situazione di un altro; condividerla. È già un lasciarsi interpellare e coinvolgere da un altro, un dover prendere posizione rispetto alla sua attenzione rispetto alla sua vita. Chi ascolta non può accamparsi dietro la giustificazione del non sapere; assume già una responsabilità, prima ancora di rispondere. Allo stesso modo, chi chiede ascolto e attenzione esprime già la fiducia che colui che ascolta possa esaudirlo, sa che quell’udienza concessa da una persona di riguardo non potrà non procurare benefici alla sua vita.”
Il grido ‘abbi pietà di me. Rispondimi!’(v.7b)
contiene la certezza della bontà di Dio verso il suo popolo. Il salmista non
chiede solo la bontà di Dio ma esprime la sua convinzione che Dio si prende
cura e interviene a liberarlo dal pericolo dei suoi avversari(v.12). Questa
pietà di Dio lo attira ad avere più fiducia in Dio. Quindi questo grido rivela
la sua speranza finale che sta solo nell’intervento di Dio (v.14). Alla fine
questo grido di supplica non nasce dalla disperazione di essere abbandonato da
Jhwh, ma nasce dalla coscienza di essere amato e scelto da Jhwh. Il salmista sa
che Jhwh lo ascolterà da cui la sua fiducia e speranza in Jhwh.
Quindi ricordando
Dio come sua luce e salvezza e suo baluardo permette di resistere e di vincere
dall’attacco dei nemici e ancora di più lo attira o lo spinge a trovare Jhwh nel
suo tempio.
La
lettura cristiana del salmo 27 (26)
Questo salmo risuona varie volte in questi passaggi nel Nuovo Testamento. La luce:‘Jhwh è mia luce e mia salvezza, di chi avrò paura? Jhwh è baluardo della mia vita, di chi avrò terrore?;v.1’: questa preghiera ricorda l’affermazione di Gesù in Gv 8, 12: Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita. Lo stesso evangelista, nel prologo dice, ‘In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta’ (Gv 1,4-5). Di chi avrò paura? Di chi avrò terrore (v.1) queste parole del salmista ci ricordano le parole di Paolo ai Romani: Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?...Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Forse la tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? (Rm 8,31.35).
La ricerca di Dio è il tema centrale di questo salmo espressa in questi versetti: “Di te ha detto il mio cuore: Cerca il suo volto! Il tuo volto, Jhwh, io cerco. Non nascondermi il tuo volto, non respingere con ira il tuo servo. Sei tu il mio aiuto, non lasciarmi, non abbandonarmi, o Dio della mia salvezza!” (vv.8-9). Se nel salmo il salmista cerca Jhwh nel suo tempio, nel Nuovo Testamento Dio non si trova nel tempio anzi nessuno può trovarlo (‘nessuno ha mai visto Dio…1Gv 4,12) se non è in Gesù Cristo, ‘Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è in Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato’(Gv 1,18). Infatti Gesù dice, “Chi ha visto me, ha visto il Padre…Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credete in me: io sono nel Padre e il Padre è in me.” (Gv 14, 9-11). Quindi Dio si è reso visibile in Gesù Cristo e in Lui solo l’uomo può conoscere e incontrare Dio. Vedendo la vita e l’insegnamento di Gesù possiamo cogliere che Dio non è indifferente alla nostra supplica. Ci vuole la fede in Lui per accogliere questa sua presenza e solidarietà.
Il
tono di supplica della
preghiera del salmista mi fa ricordare il grido di Gesù sulla croce, “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
(Mc 15,34). Questo grido non è un grido di disperazione come se Dio lo
dimenticasse o abbandonasse. Anzi, in questo grido, Gesù esprime la sua
confidenza e figliolanza in Dio. Gesù sa che Dio non lo abbandonerà e sa che
Dio risponderà alla sua preghiera. Quindi la consapevolezza di essere
sostenuto, amato e scelto da Dio è la forza dell’uomo di Dio.
Bibliografia
G. Ravasi, Il libro dei Salmi 1, EDB,
Bologna 1981, pp. 493-507.
L. Alonso Schökel, I Salmi 1, Borla,
Roma 1991, pp. 498-513.
G.
VIVALDELLI, Il signore è mia luce e mia
salvezza, San Paolo, Cinisello Balsamo (Milano) 2014, pp. 1-178.
D. M. Turoldo – G. Ravasi, Lungo i fiumi…I Salmi.
Traduzione poetica,
San Paolo, Milano 1987, pp. 89-92.
S.
RINAUDO, I salmi: preghiera di Cristo e
della Chiesa, Elle Di Ci, Torino-Leuman, 1973, pp.185-189.